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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2013 alle ore 15:46.

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Giorgio Squinzi, Presidente di COnfindustria. (Ansa)Giorgio Squinzi, Presidente di COnfindustria. (Ansa)

Confindustria prova ad alzare il tiro, dando alla politica italiana una sorta di ultimatum. «Chi non dimostra buon senso - scandisce Squinzi - perderà per sempre il nostro consenso», frase che incassa un elequente applauso dalla platea di imprenditori.
Parole chiare, che raccontano la crescente disaffezione delle imprese nei confronti della politica, ormai da un mese e mezzo alle prese con trattative inconcludenti per formare un nuovo Governo.

La proposta nuova che parte da Torino è l'idea di un patto con il sindacato, una sorta di alleanza che possa da un lato creare le condizioni per una migliore competitività delle aziende, dall'altro aumentare il pressing nei confronti della politica.
Susanna Camusso raccoglie la sfida, e chiede di mettere da parte le divisioni, la lunga stagione degli strappi.

Il punto focale resta l'industria e una parte del discorso di Squinzi è proprio dedicata a spiegarne l'importanza, con otto milioni di famiglie coinvolte, il 17% del Pil, l'80% delle esportazioni italiane.

Se chiudono le imprese muore il Paese, è la chiusura dell'intervento, in fondo la frase chiave del discorso.

Un fatto che pare quasi scontato ma che invece cade finora nell'indifferenza generale, pur guardando alle tante esperienze visibili altrove. Gli Usa, ha spiegato ieri qui a Torino il consulente economico di Obama, hanno riscoperto la manifattura. Anche loro, i campione dell'hi-tech, del software e dei servizi hanno realizzato quali siano i danni per il tessuto sociale ed economico di un Paese quando le industrie se ne vanno.

La lettera che apre l'intervento di Squinzi, quella di un imprenditore Biellese che lamenta forti ritardi nei pagamenti della Pa e che vede l'alternativa tra chiudere e indebitarsi, in fondo testimonia proprio la scarsa attenzione che la nostra politica ha per la manifattura.

Squinzi chiede di «non vivere in un paese così», e in platea scatta l'applauso, lungo e convinto. Forse nella speranza che l'eco arrivi fino a Roma.

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