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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2013 alle ore 12:37.

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Parte la rivoluzione di Papa Francesco per il cambio della Curia. Ma senza strappi violenti. L'istituzione del gruppo cardinalizio a un mese dalla sua elezione (quindi in un tempo molto veloce visti i ritmi della Chiesa) è il segnale che vuole procedere a un cambio radicale del "governo universale", ma con il più alto grado possibile di condivisione.

Del resto lo spirito della riforma è riportare collegialità nella Chiesa, che era stato uno dei punti qualificanti del Concilio Vaticano II ma uno dei più disattesi. Troppo potere alla Segreteria di Stato, poco dialogo e scarsa condivisione con le conferenze episcopali, scarso accesso diretto al Papa, specie con Ratzinger.

La composizione del collegio rispecchia tutte le aree geografiche del mondo, ma le diverse sensibilità. Si conferma il peso crescente dell'italiano Bertello, e dell'americano O'Malley, un altro francescano (cappuccino). Significativa anche l'inclusione del latino americano Maradiaga - con il ruolo di coordinatore - che nonostante sia un salesiano ha avuto negli ultimi anni un rapporto dialettico con Bertone e la segreteria di Stato. Sale anche la figura del vescovo di Albano Marcello Semeraro, teologo apprezzato e figura in crescita nella Cei, dove pure sono attese novità sull'organizzazione interna.

A ottobre il progetto di riforma dovrebbe prendere corpo in modo concreto, ma il Papa non aspetterà altri sei medi per fare nomine importanti, che ha già iniziato a fare.

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