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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2013 alle ore 10:18.

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Nella foto la tavola rotonda dei ministri delle Finanze nel corso della riunione informale Ecofin a Dublino (Epa)Nella foto la tavola rotonda dei ministri delle Finanze nel corso della riunione informale Ecofin a Dublino (Epa)

DUBLINO - Irlanda e Portogallo sono riusciti ieri a strappare nuove scadenze sulle linee di credito ricevute a suo tempo dall'Europa. La scelta dei ministri finanziari dell'Unione, riuniti qui a Dublino per una due-giorni di riunioni, è la conferma di come l'Europa stia cercando di ammorbidire la propria politica economica. Su questo fronte, però, meno certezze offre la vicenda cipriota: il paese ha incassato ieri il benestare a un piano di aiuti per molti versi radicale, e per questo molto controverso.

«Nel sostenere i loro sforzi per ritornare a finanziarsi sul mercato e uscire dal loro programma di aggiustamento, siamo d'accordo in linea di principio, tenuto conto delle procedure nazionali, di allungare le scadenze dei prestiti europei all'Irlanda e al Portogallo, aumentando la scadenza media di sette anni», si legge in un comunicato pubblicato ieri pomeriggio. La decisione è stata presa purché l'adozione del programma di aggiustamento economico continui come previsto.
La scelta era attesa, ma giunge in un momento delicato. A Lisbona, la Corte costituzionale ha deciso che alcune misure economiche decise dal governo non sono costituzionali. Si è così creato un buco di 1,3 miliardi di euro nel bilancio del 2013.

L'Europa si attende quindi nuove misure: il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha sottolineato ieri che «il Portogallo discuterà del futuro della sua politica economica con la Troika, che dovrà dare una valutazione positiva».
Alle scelte relative all'Irlanda e al Portogallo si è aggiunto ieri il via libera dell'Eurogruppo al piano di aiuti a Cipro. Il paese è chiamato a una drastica cura dimagrante dagli esiti politici ed economici molto incerti. L'operazione prevede prestiti internazionali per 10 miliardi di euro, e misure cipriote per 13 miliardi di euro. Quest'ultimo dato è quasi il doppio delle stime iniziali, e dipende principalmente da una ristrutturazione bancaria più radicale del previsto.

Il risultato è che il contributo cipriota al pacchetto di salvataggio sale da 7 a 13 miliardi. Ieri a Nicosia, parlando a un gruppo di giornalisti, il presidente cipriota Nicos Anastasiades ha parlato della volontà del suo paese di chiedere «un aiuto supplementare» all'Europa. Successivamente sia Nicosia che Bruxelles hanno voluto calmare le acque, spiegando che la richiesta cipriota riguarda i fondi strutturali europei, non un aumento dei prestiti. Il commissario agli affari monetari Olli Rehn ha assicurato che «i 10 miliardi sono l'importo massimo degli aiuti».
Non tutti ieri qui a Dublino erano d'accordo: «La verità è che i ciprioti sono imbufaliti - spiegava un diplomatico - L'operazione bancaria è radicale, e avrà un impatto fortissimo sull'economia, attraverso un calo della ricchezza personale, e una diminuzione dei prestiti bancari e quindi degli investimenti». Basterà una ridistribuzione dei fondi strutturali europei per compensare l'impatto e sociale del programma di aggiustamento? La risposta di molti funzionari europei è un silenzio significativo.

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