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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2013 alle ore 20:12.

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BOSTON - Due immensi boati e tanto fumo. E la festa che doveva essere la maratona di Boston è finita di colpo, lasciando spazio alla paura, all'angoscia e purtroppo alla morte. Mi trovavo a circa 250 metri dalla finish line, in attesa di mio padre che ha come hobby quello della corsa. Ero sul marciapiede opposto a quello dove poi sarebbero esplose le bombe, in attesa di vederlo passare. Il posto era letteralmente invaso da migliaia di persone, famiglie, bambini. C'erano striscioni, trombette e tutti facevano il tifo, come succede sempre durante queste manifestazioni. Un sms di mio padre, mi aveva avvisata che era ormai al km 37, a circa 5 km dall'arrivo. Vista la folla che occupava lo spazio tra il marciapiede e la transenna in quel punto, avevo pensato di entrare in un vicolo adiacente e cercare di aggirare la folla per sbucare piu vicina al percorso della maratona. É stato in quel momento che c'è la prima fortissima esplosione.

Inizialmente ho pensato ad un colpo legato alle celebrazioni della festa del Patriota, ma dopo solo pochi secondi é arrivata la seconda deflagrazione: la terra e tutto intorno a me tremava, il rumore sembrava addirittura piú forte del primo e una densa nuvola di fumo ha iniziato a ricoprire tutto. In quel momento é stato chiaro che qualcosa di brutto stava accadendo e ho subito pensato ad un attacco terroristico. Come tutti intorno a me, ho cominciato a correre nella direzione opposta a quella dove c'era il fumo. Di fianco a me correva una giovane donna bionda con i suoi due bambini.

Dopo solo qualche minuto ho visto il primo poliziotto che ci indicava da quale parte andare e come metterci in salvo. In pochissimi minuti l'area si é riempita di agenti, auto della polizia, vigili del fuoco ed alcuni soldati dell'esercito che ci hanno soccorso e ci hanno aiutato ad allontanarci dal luogo dell'esplosione. Non appena ho potuto, ho contattato mio padre al telefono per assicurarmi che stesse bene e per avvisarlo di non avvicinarsi all'arrivo.

Per fortuna, nonostante le linee telefoniche mobili di Boston fossero state interrotte per questioni di sicurezza, le nostre schede italiane funzionavano perfettamente. Lui non ne sapeva nulla delle bombe, si era accorto che c'era qualcosa di strano solo perché aveva visto passare una ventina di moto della vigilanza in direzione dell'arrivo. Al km 40 hanno comunque evacuato tutti i partecipanti, attraverso un percorso vigilato da polizia e volontari dell'organizzazione. Io sono tornata a piedi verso il nostro hotel, che si trova nella zona finanziaria a sud della cittá. La zona adiacente all'arrivo della maratona é stata subito chiusa ed evacuata. In strada le persone si stringevano e si abbracciavano. Volti preoccupati, scossi. Le televisioni, nei numerosi locali che costeggiano il Public Garden di Boston hanno iniziato a trasmettere le immagini dei notiziari e ad ogni angolo c'erano cumuli di persone che guardavano la TV attraverso le vetrine.

Ho atteso un'ora l'arrivo di mio padre nella hall dell'hotel ed é stato un solievo riabbracciarlo. Una volta rassicurati i familiari e gli amici in Italia, siamo rimasti in camera fino a sera, come ci avevano chiesto di fare: "Evitate di uscire e di andare in luoghi affollati", dicevano i poliziotti in Tv. Dopo le 21 Boston sembrava una città fantasma. Strade deserte, locali chiusi e giubbetti fluo della polizia ovunque. C'erano gruppi di uomini della security ad ogni angolo e davanti ad ogni hotel della città. Sarebbe stata una lunga notte, per i feriti costretti a r i corridori, per l' America intera colpita, ancora una volta, al cuore.

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