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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2013 alle ore 06:38.

ROMA
Ridurre la pressione fiscale sul lavoro. Rendere strutturale la detassazione del salario di produttività. Procedere a una robusta semplificazione amministrativa; e si potrebbe arrivare a una convergenza tra imprese e sindacati anche nel prevedere una sorta di "sospensione o ulteriore correzione" delle misure sulla flessibilità in entrata introdotte lo scorso luglio dalla riforma Fornero. Ma che finora, anche a causa della crisi, non hanno avuto effetti positivi sull'occupazione. Quattro priorità per dare subito dei contenuti concreti al «Patto dei produttori» proposto dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, al convegno di Torino (che ha ottenuto la certificazione internazionale di sostenibilità ISO 20121:2012) e così rilanciare il mercato del lavoro evitando il rischio di agganciare la ripresa senza attivare nuove assunzioni. Una preoccupazione, questa, sottolineata anche dai saggi nelle loro proposte in materia economica.
Detassazione
Per imprese e sindacati è fondamentale rendere strutturale la detassazione del salario di produttività. Nei giorni scorsi scorsi un decreto firmato dai ministri Elsa Fornero e Vittorio Grilli ha "stabilizzato" la decontribuzione dei contratti di secondo livello rendendo strutturali le risorse stanziate annualmente su un fondo speciale del ministero del Lavoro per questa destinazione e fissando la dote sul massimo mai raggiunto dal debutto della misura, vale a dire il Protocollo Welfare del 2007. L'obiettivo è ora rendere strutturale anche l'altra agevolazione "gemella", quella sulla detassazione di premi e straordinari, per ora ri-finanziata fino al 2015 con una dote di oltre 2,1 miliardi di euro (950 milioni solo per il 2013).
Riforma Fornero
Altro punto di contatto tra imprese e sindacati è la correzione delle riforma Fornero, specialmente per quanto riguarda la normativa sui contratti. Secondo i dati del primo monitoraggio sulla legge 92, realizzato dall'Isfol, è emerso come tra giugno a novembre si siano registrate oltre 100mila attivazioni in meno, con un calo soprattutto delle collaborazioni a progetto e dei contratti a chiamata. La strada che potrebbe accomunare le parti sociali passa per una sospensione delle nuove norme per un determinato periodo per favorire le aziende a fare nuove assunzioni. Con un po' più di coraggio si potrebbe ipotizzare anche un ripensamento dell'articolo 117 della Costituzione nelle materie lavoristiche per bilanciare meglio competenze statali e regionali. Come da attuare subito dovrebbero essere quelle misure già messe a punto in materia di politiche attive (per esempio riguardo ai Servizi per l'impiego) anche se la delega è scaduta.
Cuneo fiscale
La madre di tutte le convergenze, oltre alla detassazione sulla produttività, è naturalmente il taglio al cuneo fiscale: un punto in meno libererebbe 2,2 miliardi (se si considera anche la quota Irap), risorse che se ben indirizzate risolverebbero molti problemi immediati, oltre a riallineare il nostro Paese nelle classifiche Ocse. Per raggiungerlo (i sindacati vorrebbero dimezzare il cuneo) tra le parti potrebbe maturare un fronte avanzato anche sul contrasto all'evasione fiscale, magari a partire da una richiesta di sanzioni più forti da attivare con la futura riforma del fisco.
Semplificazioni
Altro terreno comune è quello della semplificazione amministrativa. La riduzione degli oneri procedurali che pesano sull'attività d'impresa (30,5 miliardi l'anno, secondo le ultime stime) è stato al centro dell'azione di Governo negli ultimi anni e le parti sociali hanno partecipato a questi interventi di policy. È un fronte che potrebbe dare ulteriori frutti e sul quale c'è da aspettarsi una nuova serie di proposte operative. L'ultima convergenza riguarda le relazioni sindacali, da aggiornare però con un accordo tra le parti prima di puntare a un nuovo coinvolgimento del Governo.

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