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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2013 alle ore 06:38.

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La Banca d'Italia autorizza il primo fondo chiuso non armonizzato di diritto europeo per favorire il credito alle piccole e medie imprese del continente. Nei giorni scorsi Via Nazionale ha dato il via libera alla distribuzione in Italia, presso una platea di investitori istituzionali, delle quote di Tenax Credit Opportunities Fund, cassa d'investimento non armonizzata di diritto estero (irlandese), specializzata nel credito alle piccole e medie imprese europee. Obiettivo del fondo – partecipato, tra gli altri, da primarie compagnie d'assicurazione continentali - è quello di investire nei prestiti alle Pmi o direttamente oppure rilevando i portafogli di crediti ceduti dagli intermediari creditizi.
Lo spazio di manovra, almeno sulla carta, è assai ampio considerando le stime sulla ritirata delle banche che, per rafforzare i propri ratios patrimoniali, nei prossimi anni dovrebbero cedere asset tra i 3 ed i 4 mila miliardi di euro. Iniziative come quella di Tenax dovrebbero appunto favorire il travaso di simili attività verso altri investitori istituzionali, soprattutto assicurativi, così da contenere i rischi di una stretta al credito nell'economia reale del continente. Il nuovo fondo avrà un orizzonte d'investimento di medio periodo (5 anni) e nel suo portafoglio potrà unicamente detenere loan di elevata qualità (collateralised secured).
La nuova iniziativa si colloca in uno scenario dinamico di nuovi progetti e proposte tra cui quella avanzata in questi giorni dal direttore de "il Sole 24 ore" per dar vita ad un «veicolo finanziario di diritto privato» funzionale a favorire, appunto, il finanziamento delle piccole e medie imprese della penisola. Tra i protagonisti di questa nuova stagione vi sono gli assicuratori, ma non solo.
Riccardo Stucchi responsabile italiano del business nelle Financial Institutions Group di Blackrock, tra i maggiori investitori istituzionalli mondiali, indica le nuove direttrici di marcia delle compagnie europee. Vi sono - spiega - gli investimenti diretti all'economia. In alcuni settori, ad esempio quello aeronautico, gli assicuratori stanno ormai sostituendo le banche come erogatori di finanziamenti a lunga scadenza. C'è poi il capitolo delle infrastrutture con investimenti attesi per 3mila miliardi di euro, mille dei quali in Europa. Per non parlare, ovviamente, degli investimenti in corporate bond. «I titoli governativi rimarranno una percentuale assai significativa nel portafoglio delle compagnie - sottolinea Stucchi – ma asset alternativi acquisiranno quote significative. L'esempio, in fondo, è quello della Chiesa anglicana che nel 2011 ha raddoppiato, portandola al 10%, la sua quota in alternative asset».
Sulla stessa lunghezza d'onda è anche l'industria del risparmio, anch'essa alla ricerca di nuove strade. Per riattivare i canali ostruiti del credito alle piccole e medie imprese - sottolinea il presidente di Assogestioni Domenico Siniscalco - si confrontano diversi progetti. «C'è il suggerimento - spiega – venuto in questi giorni dal direttore de "il Sole 24 Ore", le iniziative già avviate in alcuni paesi (ad esempio in Francia) per sostenere il finanziamento alle imprese. E, nella stessa direzione, va anche il progetto di Assogestioni di «introdurre nel portafoglio dei fondi d'investimento aperti una quota di investimenti più illiquidi tradizionalmente destinati a fondi chiusi. In questo contesto, in pratica, i gestori acquisterebbero i minibond emessi dalle Pmi che verrebbero gestiti in un ottica di medio lungo periodo. Non si tratta di strade alternative - sottolinea ancora Siniscalco – ma di progetti largamente coindicidenti nelle finalità. Per l'Italia non vi sono molte alternative. O si porta il credito alle aziende o si muore».
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