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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2013 alle ore 06:37.

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Da Parigi a Berlino a Londra, le grandi economie d'Europa schierano campioni nazionali e programmi ad hoc per assicurarsi che la linfa del credito scorra con regolarità dal sistema finanziario all'economia reale, nello sforzo di garantire l'ossigeno necessario alle piccole e medie imprese per restare attive, crescere e creare occupazione. Se lo sforzo e la consapevolezza della sua urgenza accomunano questi tre Paesi, non sempre i risultati sono positivi.

Francia
In Francia le Pmi hanno numerosi, spesso insormontabili problemi, ma, apparentemente, non quello dell'accesso al credito. Secondo l'ultima rilevazione della banca centrale, nel primo trimestre del 2013, l'87% delle piccole e medie imprese che hanno chiesto nuovi prestiti per finanziare gli investimenti li hanno ottenuti. Il dato è più basso nel caso di crediti per esigenze di tesoreria: 68%. Il tutto a un tasso medio del 3%. Ma nel 10% dei casi, alle imprese sono state chieste garanzie supplementari. È anche questa la motivazione che ha spinto il Governo a varare due iniziative mirate soprattutto alle Pmi: il Cice (Credito sulle imposte per la competitività e l'occupazione) e la Bci (la Banca pubblica d'investimento), che ha riunito, con risorse supplementari, le strutture pubbliche già esistenti.

Il primo prevede in sostanza che a tutte le aziende venga concessa una riduzione fiscale pari al 4% prima (nel 2013) e al 6% poi (dal 2014 al 2016) del totale delle retribuzioni fino a 2,5 volte il salario minimo. Un flusso senza contropartite ufficiali pari a 10 miliardi quest'anno, 15 l'anno prossimo e 20 dal 2015. Senza aspettare la dichiarazione fiscale del 2014 (sui ricavi 2013), le Pmi che lo richiedono ottengono un prefinanziamento immediato.

La seconda è dotata di 42 miliardi e ha il compito di aiutare le Pmi, con prestiti agevolati o acquisizione di quote di capitale. Dalla fine del 2008 è attivo il mediatore del credito, per favorire i rapporti tra banche e Pmi. Sono stati trattati i dossier di 16.500 aziende, con lo sblocco di prestiti per 4,23 miliardi.

Germania
Il braccio finanziario del Governo al servizio dello sviluppo è Kfw, acronimo di Kreditanstalt für Wiederaufbau: Banca della ricostruzione, fondata su iniziativa degli Stati Uniti nel 1948 per amministrare i fondi del Piano Marshall. Il capitale di questa banca pubblica, che vanta la tripla A di Standard & Poor's, è all'80% del Governo federale e per il resto dei Länder. Kfw si finanzia quasi interamente collocando sul mercato bond garantiti dal Governo. L'anno scorso ha raccolto 78,7 miliardi di euro.

Una divisione del gruppo, KfW Mittelstandsbank, è interamente dedicata a Pmi, imprese individuali e start up, alle quali fornisce prestiti e assistenza anche nell'internazionalizzazione. Il sostegno alle Pmi arriva però anche in forma indiretta: Kfw fornisce liquidità a bassi tassi e lunghe scadenze alle banche commerciali in modo che queste possano a loro volta trasferirla agli operatori economici. A queste funzioni associa poi quelle di securitization, aiutando banche e imprese a trasferire il rischio sul mercato dei capitali.

Nel 2012, la divisione dedicata alle Pmi ha erogato finanziamenti per 24,1 miliardi di euro. Questa però è solo una parte dei capitali mossi a sostegno delle piccole e medie imprese. I finanziamenti erogati nel complesso dal gruppo sono infatti 73,4 miliardi: 54,6 miliardi sul mercato interno, il resto destinato al commercio internazionale. Kfw ha 5.190 dipendenti, 70 uffici e sedi di rappresentanza in tutto il mondo. E un bilancio di 511 miliardi: è la terza banca tedesca per asset. L'anno scorso gli utili sono aumentati del 15% a 2,4 miliardi, battendo anche Deutsche Bank, il primo gruppo bancario del Paese, ferma a 611 milioni.

Gran Bretagna
A Londra ci vorranno gli steroidi, per rimanere con la metafora del vice premier Nick Clegg, grande sostenitore del funding for lending riveduto e dopato. Il programma messo a punto da Tesoro e Banca d'Inghilterra (Boe) la scorsa estate con l'obiettivo di distribuire 80 miliardi di sterline a Pmi e cittadini a caccia di mutui, non decolla. Nell'ultimo trimestre del 2012 il saldo netto dei prestiti è stato negativo di 2,4 miliardi di sterline, anche se nelle prime settimane del 2013 s'è notato un aumento delle richieste con 14 miliardi sollecitati dalle banche all'istituto centrale. Un dato positivo, ma non per le Pmi. Grandi beneficiari del programma sono le famiglie alla ricerca di soldi per comprare casa. Non è abbastanza per dare slancio alla crescita. Il funding for lending sarà forse rinforzato come vorrebbe Clegg, certamente esteso nel tempo come ha lasciato intendere il cancelliere George Osborne.

Il programma prevede che le banche facciano richiesta all'istituto centrale scambiando asset deboli con debito pubblico garantito dalla Boe. Con quei titoli, le banche si finanziano sul mercato a tassi vantaggiosi. L'idea è che poi passino i fondi a tassi concorrenziali a imprese e famiglie. Non accade nella misura sollecitata. Secondo la Boe è solo questione di tempo: il meccanismo deve essere rodato prima di funzionare. Altri fanno notare che c'è anche minor domanda da parte delle imprese. Solo delle piccole, però, a dare retta a un report di Deloitte. Secondo la ricerca, per la prima volta dal 2007, il 67% delle grandi imprese inglesi considera migliorate le condizioni del credito con le banche tornate a erogare finanziamenti con tempi e modalità considerate soddisfacenti.

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