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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2013 alle ore 06:39.

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STRASBURGO. Dal nostro inviato
Il presidente della Banca centrale europea ha approfittato ieri di una audizione in Parlamento per esortare i governi a non perdere tempo nel trasferire la vigilanza bancaria dagli stati membri all'istituto monetario, primo tassello di una prossima unione bancaria. Rispondendo alle domande dei deputati, Mario Draghi ha anche respinto le pressioni perché la Bce risolva la crisi di finanziamento delle imprese e ha affermato che «senza crescita non ci può essere stabilità finanziaria».
«Il sistema unico di vigilanza bancaria deve essere finalizzato prima della pausa estiva perché diventi operativo nella metà del 2014», ha detto Draghi qui a Strasburgo dove il Parlamento siede questa settimana in seduta plenaria. «Un fondo unico di liquidazione bancaria è poi il necessario complemento a un'unione bancaria», ha aggiunto il banchiere centrale, che ha accolto positivamente l'intenzione della Commissione di presentare una proposta entro la fine dell'estate.
Il grande progetto di unione bancaria avanza con lentezza e difficoltà. Provoca tensioni tra i governi perché prevede un trasferimento di sovranità dalla periferia al centro con possibili mutualizzazioni dei debiti bancari. Nel fine settimana a Dublino, i ministri delle Finanze dei 27 hanno dato un via libera politico al progetto di sorveglianza unica, ma la Germania è riuscita a chiedere che una modifica dei Trattati venga perseguita «in modo costruttivo».
La Germania vuole da un lato iscrivere nei Trattati il principio della separazione tra vigilanza bancaria e politica monetaria, e dall'altro porre limiti a eventuali mutualizzazioni facili dei debiti, provocati dalla creazione di un fondo unico di liquidazione (si veda Il Sole 24 Ore del 14 aprile). Il negoziato su quest'ultimo fronte è appena iniziato, e ieri Draghi ha voluto sottolineare in Parlamento ancora una volta l'importanza di una unione bancaria che poggi su pilastri certi e solidi.
Molti deputati hanno esortato ieri la Bce a rilanciare l'economia andando oltre il suo mandato; altri hanno criticato la stessa Bce per avere messo a rischio la sua stabilità finanziaria (il presidente del Fronte Nazionale Marine Le Pen ha rimproverato alla banca di essere in procinto di diventare una "bad bank") o per contribuire alla «bancarotta dell'Europa occidentale» (secondo le parole del parlamentare euroscettico britannico Godfrey Bloom).
Replicando alle domande dei deputati, Draghi ha respinto le pressioni perché la Bce rilanci l'economia, e soprattutto i flussi di liquidità alle imprese. Ha detto che l'istituto è già riuscito a evitare «disastri maggiori» alla zona euro. «Continueremo a riflettere (sul problema del finanziamento dell'economia, ndr) ma entro i limiti del nostro mandato», ha affermato Draghi, assicurando che la banca «non si dimentica» della questione.
«La Bce non può fare tutto, per tutti e in qualsiasi momento», ha detto il banchiere centrale, esortando i governi a prendere in mano il problema (proprio ieri il parlamento ha approvato il pacchetto CRD 4 sui nuovi requisiti patrimoniali delle banche). C'è un acceso dibattito a Francoforte sui compiti della Bce e sui reali limiti del suo mandato. Per ora, Draghi non ha voluto prendere impegni, anzi ha voluto rintuzzare le pressioni (in attesa di capire come evolveranno le discussioni nella Bce?).
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