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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2013 alle ore 09:29.

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Il volume della produzione si è ridotto di un terzo in cinque anni. Il fatturato delle imprese si è ridotto di un quarto (-24%) dal 2008 al 2012 mentre cresce la concentrazione del mercato. In cinque anni (2006-2011) le importazioni di fiction sono cresciute del 67% e le esportazioni calate del 58%, con un deficit pari a 200 milioni di euro. L'unica tendenza positiva è quella che vede "rientrare" in Italia, nella seconda metà del 2012, le produzioni che, in particolare nel 2010, avevano scelto di "girare" all'estero, con grave danno per l'occupazione diretta e per l'indotto.

Dopo il cinema, la fiction
L'industria nazionale dell'audiovisivo cerca di contrastare non solo una congiuntura recessiva, ma delle scelte istituzionali e imprenditoriali (quelle delle tv) che rischiano di ridimensionare pesantemente la produzione culturale, di cui l'audiovisivo è uno dei "pezzi" principali. Dati e proposte sono contenuti nel quarto Rapporto sulla fiction della Fondazione Rosselli, elaborato per conto dell'Apt, l'associazione dei produttori, della Regione Lazio, della Camera di Commercio di Roma e di Sviluppo Lazio. Se il cinema teme soprattutto la convergenza di mancate scelte politiche (il rinnovo degli incentivi fiscali, i crediti vantati per i contributi sugli incassi) e di scadenze improrogabili (la digitalizzazione delle sale entro fine anno), la fiction - che non gode di finanziamenti pubblici diretti né di incentivi fiscali - sottolinea, tra l'altro, come la riduzione degli investimenti di Rai e Mediaset sia molto più pesante rispetto alle tv dei principali paesi europei.

Il mercato
Siamo il mercato televisivo con il più alto numero di canali digitali terrestri (118) ma anche quello in cui le piattaforme a pagamento hanno perso il maggior numero di abbonati (un milione circa nell'ultimo anno). A febbraio, del resto, 6,4 milioni di utenti italiani hanno visualizzato almeno un contenuto video con una media di 27 minuti al giorno ciascuno: cresce la concorrenza dei video gratuiti o a basso costo, legali e non, agli operatori del sistema televisivo. Il problema è che tale mercato alternativo non riesce, per ora, a contribuire alla produzione. Mentre i canali generalisti di Rai e Mediaset, committenti di gran parte della fiction nazionale, hanno perso 20 punti di ascolto dal 2007 al 2012, calando dall'82,1% al 61,55% di share, mentre crescono le emittenti nate con il digitale, che però sono in gran parte canali di Rai e Mediaset, che ammortizzano le grandi library accumulate ai tempi del duopolio, con budget minimali per la produzione.
Il tempo dedica alla tv e al video aumenta anno dopo anno (253 minuti, record europeo) ma si riducono le risorse, anche per la drastica frenata della pubblicità, oltre che degli abbonamenti alla pay.

Gli investimenti
In Italia, nel 2011, secondo il Rapporto della Fondazione Rosselli, si sono investiti solo 270 milioni nella fiction, produzione e acquisto (255 la stima per il 2012), contro i 536 milioni della Francia e i 740 della Gran Bretagna. Nel 2007 gli investimenti della tv nazionali erano di 510 milioni, quelli francesi di 487 milioni. Cala la percentuale della fiction sui costi totali di programmazione, scesa al 12,3% nel 2011, con la Francia che ci supera, con il 13,1% (nel 2009 la percentuale italiana era sei punti sopra quella transalpina). Così, tra il settembre 2011 e l'agosto 2012 solo il 33% della fiction trasmessa dalla tv italiane era di origine nazionale e il 51% era made in Usa, la prima concentrata perlopiù su Rai1 e Canale 5, ma anche su RaiTre. L'Italia è il paese europeo che importa dall'estero il maggior numero di ore di serie di fiction televisiva e che spende la cifra maggiore per il loro acquisto. Il fatturato delle imprese produttrici di fiction si è ridotto a circa 650 milioni di euro nel 2012 mentre le prime venti aziende coprono oltre il 70% del mercato. Le proposte della Fondazione Rosselli e dei produttori sono diverse, vanno dal "riempire di contenuti" l'Agenda digitale, che non contempla l'audiovisivo, alle misure per contrastare la pirateria all'estensione degli incentivi fiscali all'intero comparto audiovisivo. Questo a livello di politiche industriali, poi il rispetto delle quote di investimento e programmazione, con maggior severità nelle sanzioni e la valorizzazione dei Centri di produzione Rai sul territorio.

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