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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2013 alle ore 06:41.

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Sta andando a rilento la procedura di emersione dal lavoro nero degli immigrati decisa dal Governo nel 2012. Mercoledì scorso c'è stata una riunione al ministero per la Cooperazione internazionale e l'integrazione. Il dicastero guidato da Andrea Riccardi ha spinto molto per l'operazione svolta poi con i ministeri dell'Interno e del Lavoro. A distanza di sei mesi però il bilancio è magro e nessuno può smentirlo. La denuncia l'ha fatta la Uil: «Abbiamo fatto notare che su 37mila domande concluse, ben un terzo è stata rigettata» spiega il segretario confederale Guglielmo Loy

Il cosiddetto «ravvedimento operoso» dei datori di lavoro che hanno assunto in nero un immigrato è stato avviato nel luglio scorso con il decreto legislativo n. 109. Con la «finestra di emersione» tra il 15 settembre e il 15 ottobre scorsi le imprese o le famiglie potevano richiedere la regolarizzazione dell'immigrato lavoratore con la concessione, a fine procedura, di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. I dati illustrati nella riunione di mercoledì dal ministero dell'Interno e aggiornati alla data del 9 aprile parlano di 134.747 domande presentate. Di queste, 82.190 sono state già elaborate e i casi positivi, con la firma del contratto di soggiorno e la richiesta di permesso, sono state 23.255; altri 10.817 sono stati «convocati»; 9.746 sono casi «in fase di richiesta di integrazione documentale». Ma la cifra destinata a salire e che colpisce di più è quella delle domande rigettate: 13.471.

Secondo la Uil «tra le difficoltà che hanno caratterizzato la regolarizzazione ricordiamo gli alti costi da pagare (mille euro all'Inps, più sei mesi di contributi arretrati, più le tasse), la prova documentale di essere stati presenti in Italia fin da prima del 31 dicembre 2011, l'alto reddito da dimostrare per chi faceva la richiesta e il rischio di espulsione per l'immigrato nel caso la procedura non si fosse conclusa positivamente». Il sindacato, in particolare, sottolinea che «da un'analisi dei dati dello stesso Viminale si è appurato inoltre che il 90% dei rigetti è dovuto all'impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro - afferma la Uil – ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura».

Osserva, non senza qualche polemica, il ministro Riccardi: «Abbiamo registrato un numero di rigetto delle domande di emersione di gran lunga superiore alle precedenti esperienze, attraverso interpretazioni normative molto restrittive, contrarie alla lettera e allo spirito del ravvedimento operoso, che è stato studiato per far uscire datori di lavoro e lavoratori extracomunitari dalle sacche del lavoro nero». Secondo Riccardi c'è stata «da parte della pubblica amministrazione una rigidità eccessiva nei confronti degli stranieri, che tra l'altro stanno lasciando l'Italia per via della crisi. Eppure non abbiamo alcun interesse ad aumentare l'area della irregolarità presente nel nostro Paese, riducendo anche il gettito dei contribuiti previdenziali e le entrate fiscali; né a non assecondare la domanda delle famiglie per l'assistenza domestica di bambini e anziani».

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