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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2013 alle ore 06:40.

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PARIGI. Dal nostro corrispondente
Con 331 voti a favore e 225 contrari, il Parlamento francese ha approvato ieri pomeriggio – dopo 137 ore di dibattito, come ha ricordato il presidente Claude Bartolone – il provvedimento sul matrimonio omosessuale. Diventando il quattordicesimo Paese al mondo, e il nono in Europa, a legalizzarlo.
Da 14 anni le coppie di gay e lesbiche possono già ricorrere ai cosiddetti Pacs (Patti civili di solidarietà). Ma sul piano dell'uguaglianza dei diritti quello di ieri è un enorme passo in avanti. Grazie alla modifica dell'articolo 143 del codice civile («Il matrimonio è stipulato da due persone di sesso diverso o dello stesso sesso», è il nuovo testo), l'equiparazione è totale. Le future coppie potranno optare per la comunione dei beni, i partner avranno diritto automaticamente all'eredità e alla pensione di reversibilità. Potranno riconoscere i figli avuti da precedenti unioni (si stima che in Francia ci siano circa 150mila coppie omosessuali conviventi, l'1% del totale, e che circa 30mila minorenni vivano in famiglie omoparentali) e soprattutto avranno la possibilità di adottare. Come peraltro è il caso nella quasi totalità dei Paesi che già hanno legalizzato i matrimoni omosex (con la sola eccezione del Portogallo) e persino in tre Paesi che ancora non l'hanno fatto (Germania, Gran Bretagna e Israele).
Ed è proprio il tema dell'adozione ad aver diviso profondamente i francesi e ad aver ingrossato le file del movimento ostile alla legge (ribattezzato "Manif pour tous" in assonanza con il "mariage pour tous"). Se infatti, stando agli ultimi sondaggi, il matrimonio registra un 66% di favorevoli, sull'adozione i contrari sono al 53 per cento.
Il presidente François Hollande, che aveva collocato questo impegno al 31° posto delle sue 60 promesse elettorali, era probabilmente convinto che sarebbe stato meno difficile. Ha invece dovuto fare i conti con decine di manifestazioni di piazza e una protesta che non dovrebbe cessare con il voto di ieri, cinque mesi dopo la presentazione del progetto di legge in Consiglio dei ministri.
Il movimento guidato dalla folcloristica Frigide Barjot ha infatti l'intenzione di installarsi stabilmente nello scenario politico francese, grazie anche al sostegno fornito dall'opposizione di destra. Che ha trovato una nuova bandiera nella sua guerra al presidente. Su un tema socialmente molto sensibile e proprio in un momento in cui Hollande, ai minimi storici di popolarità, è alle prese con la crisi economica e la crescente sfiducia dell'opinione pubblica nei confronti della classe dirigente.
Un ulteriore ostacolo, per l'ex segretario socialista, che dovrà trovare le parole, i gesti, le iniziative per cercare di ricomporre questa nuova, per certi versi inattesa, frattura. Un piccolo contributo in questa direzione ha già cercato di darlo il ministro della Giustizia Christiane Taubira, protagonista assoluta di questa battaglia, nel suo intervento di chiusura del dibattito parlamentare: «La legge è un soffio di allegria. E chi oggi protesta, domani sarà afferrato dall'emozione e dalla felicità dei futuri sposi».
Il primo matrimonio dovrebbe essere celebrato intorno alla metà di giugno, dopo che la Corte costituzionale si sarà pronunciata sul ricorso immediatamente presentato dal centro-destra. Sarà probabilmente a Montpellier, tra Vincent e Bruno.
La legge non contiene invece il possibile ricorso, per le lesbiche, alla procreazione assistita. Che pure Hollande aveva preannunciato ma che, visto il clima di forte tensione, ha preferito rinviare.
Cinque mesi di scontri durissimi, ma anche cinque mesi di dibattito appassionato. Per una volta non sui temi economici ma su una grande riforma di società. Che aggiunge la Francia alla lista guidata dall'Olanda (il primo Paese ad aver legalizzato il matrimonio omosessuale, nel 2001) e composta da Belgio, Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda, Danimarca, Canada, Sudafrica, Argentina, Uruguay e Nuova Zelanda. Un gruppo ben più scarno di quello dei Paesi in cui l'omosessualità è tutt'ora punita con la prigione (una settantina), ma per fortuna più folto di quello degli Stati che prevedono la pena di morte (otto).
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