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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2013 alle ore 06:39.

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ROMA
Prescizione più lunga per arrivare alla sentenza: in caso di condanna in primo grado, infatti, i giudici avranno a disposizione due «bonus» per concludere il processo, e cioè una sospensione di due anni della prescrizione in appello, e di un anno in Cassazione. È questa, in estrema sintesi, la proposta elaborata dalla commissione ministeriale insediata sei mesi fa dal guardasigilli Paola Severino e presieduta dal professor Antonio Fiorella. Una proposta "a futura memoria" destinata al prossimo ministro della Giustizia (Severino esclude «un bis») o a quei partiti che vorranno spenderla in Parlamento, ha spiegato il guardasigilli alla stampa, illustrando il lavoro anche delle commissioni su depenalizzazione dei reati e su autoriciclaggio e aggiungendo che «se un tema è davvero importante si deve cercare di trovare condivisione anche in campo politico».
Le «larghe intese» non sembrano contemplare nuove norme sulla prescrizione, stando almeno al documento dei "saggi" nominati dal Quirinale, dove il tema non figura tra le priorità di riforma della giustizia non essendo stato condiviso: Gaetano Quagliariello (Pdl), Luciano Violante (Pd), Mario Mauro (Scelta civica) hanno votato contro e solo Valerio Onida a favore (come risulta da una nota a verbale). Eppure, all'indomani dell'approvazione della legge anticorruzione, il governo Monti e una parte della strana maggioranza avevano riconosciuto l'esigenza (segnalata da Europa e Ocse) di rivedere quella legge ex Cirielli che strangola migliaia di processi, soprattutto di corruzione. Perciò, pur avendo davanti un periodo di tempo limitato, Severino aveva deciso di insediare una commissione (formata da professori, avvocati e magistrati) per studiare e mettere a punto un articolato. «Il Capo dello Stato ha detto che la proposta dei saggi è "aperta" e potrà essere integrata - ha osservato il ministro -. Peraltro, il fatto che il tema della prescrizione sia indicato nel documento vuol dire che è avvertito, anche se è uno dei temi più difficili. Tant'è che la commissione ministeriale ha impiegato sei mesi per produrre un articolato». Che si chiude con una norma transitoria per escludere l'applicazione delle nuove norme ai processi in corso.
Parallelamente, altre due commissioni ministeriali hanno elaborato gli articolati su depenalizzazione (presidente Fiorella) e su autoriciclaggio (presidente il Procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco). In quest'ultimo caso, oltre all'introduzione della nuova figura di reato, che comprende riciclaggio e autoriciclaggio (eliminando l'attuale clausola di riserva «fuori dai casi di concorso»), la commissione ha affrontato altri temi come la copertura penale dell'abuso dei beni sociali, il monitoraggio fiscale e misure premiali per il reingresso dei capitali dall'estero. «La vera grande emergenza è stata l'evasione fiscale - ha spiegato Greco - perciò bisogna creare un sistema di reingresso al di fuori di qualunque scudo, condono, che consenta di sbiancare le posizioni penali». L'idea è di dichiarare non punibile chi si autodenuncia al Fisco per esportazione di capitali, accettando di pagare per intero le imposte evase, senza sconti, e una ridotta sanzione amministrativa. «Molte persone ci hanno detto che è necessario farlo», ha aggiunto Greco, ricordando che chi ha soldi all'estero non vive tranquillo ma con la paura di essere scoperto.
Il piano sulla depenalizzazione prevede la trasformazione in illeciti amministrativi dei reati puniti con la sola multa o con l'ammenda e delle contravvenzioni punite con l'arresto o l'ammenda. Obiettivo: sfoltire il processo, ma anche il carcere. Il reato di immigrazione clandestina, «norma simbolica del tutto inefficace», viene eliminato perché «è sufficiente il procedimento amministrativo di espulsione, presidiato anche dalla sanzione penale».
Durante la conferenza stampa Severino ha escluso un bis in via Arenula. «Quando ho assunto quest'incarico ho sempre detto che lo ritenevo non ripetibile, perché la funzione di ministro della Giustizia è una delle più difficili del governo e va affrontata pensando che non ci possa essere un bis altrimenti si cede all'idea che si possa o si debba compiacere una parte o l'altra, cosa che un ministro della Giustizia non deve fare mai».
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