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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2013 alle ore 19:41.

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Tutti i paesi sono a caccia di capitali. Così ieri il governo di Ankara, attraverso l'iniziativa del vicepremier responsabile per l'Economia, Alì Babacan, ha depositato in Parlamento un progetto di legge che prevede una sanatoria fiscale per far ritornare capitali turchi detenuti all'estero senza porre domande su come il denaro sia stato guadagnato né applicare sanzioni.

Si stima che i turchi abbiano un tesoretto di 100 miliardi di euro all'estero, di cui una bella fetta, pari a 38 miliardi investiti in Tbill americani. Il settore privato turco ha investito un record di 4,5 miliardi di dollari all'estero nel 2012, ha detto Babacan. Le persone fisiche e le società potranno dichiarare al Fisco entro il 31 luglio, denaro, lingotti d'oro, titoli e altri strumenti sul mercato dei capitali detenuti all'estero, pagare una sanzione del 2% sul capitale e il gioco è fatto. I capitali, una volta pagata la sanzione, possono essere rimpatriati a rate.

Anche i profitti conseguiti dalle filiali estere di società turche e i proventi derivanti dalla vendita di quote di società estere effettuati prima del 31 ottobre saranno esenti dall'imposta sul reddito e d'impresa se i fondi saranno rimpatriati entro fine anno a fini di investimento. Il Consiglio dei ministri potrà estendere il periodo di rimpatrio, ma in questo caso scatterà un'aliquota maggiore che sarà addebitata qualora i titolari delle attività non riuscissero a pagare la tassa del 2% dopo aver dichiarato il reddito estero.
Babacan auspica che la mossa sia più efficace di una precedente amnistia fatta nel 2008. Un provvedimento che - come dichiarato dal Governo - avrà miglior fortuna di quello del 2008, perché nel frattempo è migliorata l'attrattività turca come paese in cui investire.

«In quell'occasione le persone fisiche e le società dichiarono al Fisco 20 miliardi di euro, che riguardavano però sia redditi detenuti all'estero sia che quelli in Turchia. Un totale di 11,5 miliardi di euro venne rimpatriato mentre altri 2,1 miliardi detenuti in asset nazionali vennero rimessi in circolo nel sistema finanziario», ha ricordato a Milliyet, Osman Arioglu, ex capo dell'Agenzia fiscale turca. La nuova amnistia invece si limiterà alle attività detenute all'estero.

Da notare che anche in Italia martedì una delle commissioni istituita dal ministro della Giustizia, Paola Severino, ha consigliato di creare un «sistema di reingresso dei capitali» per dare agli italiani una possibilità stabile di rientro.

«Lo scudo turco non sembra essere anonimo (come era quello italiano), quindi favorisce il rimpatrio dei capitali ma è anche un modo più incisivo per chiudere con un passato irregolare - dice Marco Magenta dello studio legale tributario Ernst&Young - Inoltre lo scudo turco è un'arma contro i paradisi fiscali e i paesi come Cipro, Svizzera, Austria, che mantengono il segreto bancario. In questo senso la decisione si inserisce in un più ampio movimento globale di contrasto ai paradisi off-shore».

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