Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2013 alle ore 18:31.

My24

Missione fallita per Mariano Rajoy. Se come aveva dichiarato il giorno del suo debutto alla guida della Spagna, l'obiettivo «primario» del suo governo era sconfiggere «la disoccupazione, il vero nemico di tutto il Paese», allora la missione è fallita e i sedici mesi del premier conservatore alla Moncloa, tanto ormai è passato dal trionfo elettorale di fine 2011, sono passati invano, o quasi. Nel primo trimestre dell'anno l'economia spagnola ha continuato a distruggere lavoro.

Il tasso di disoccupazione ha raggiunto un nuovo massimo storico al 27,16%, per la prima volta nella storia democratica del Paese ci sono più di sei milioni di disoccupati - 6,2 milioni secondo i dati ufficiali dell'Istituto nazionale di statistica - e ogni giorno sono più di 2.600 gli spagnoli che ancora perdono il loro posto e il loro reddito.

E anche la riforma del mercato lavoro sembra non incidere come sperato sulla capacità delle imprese di risollevarsi e sulla ripresa dell'economia. Solo tre giorni fa il Tribunale Supremo ha inoltre annullato il primo «licenziamento collettivo» realizzato con le nuove regole introdotte da Rajoy nel febbraio del 2012: secondo i giudici infatti la società Talleres Lopez Gallego non ha fornito la documentazione necessaria a comprovare le difficoltà finanziarie ed economiche che avrebbero giustificato l'allontanamento di 28 dipendenti. Una sentenza che potrebbe mettere in discussione molte altre ristrutturazioni aziendali avvenute dopo la riforma.

Spagna ed Europa
Sul lavoro, i partner nell'Unione sono stati quantomeno complici di Rajoy nella sconfitta che assume dimensioni tragiche se si analizzano più da vicino i dati spagnoli: nel Sud del Paese, in Andalusia per esempio, il tasso di disoccupazione sfiora il 37% della popolazione attiva, mentre tra i giovani spagnoli con meno di 25 anni il tasso di disoccupazione a marzo ha raggiunto il 57,2 per cento. Nell'Europa a 27, solo la Germania, i Baltici e un paio di Paesi dell'Est sono riusciti negli ultimi due anni a far scendere i livelli di disoccupazione. Mentre nell'area euro, secondo le ultime previsioni della Commissione, il tasso dei senza lavoro continuerà a crescere anche nel 2013 per arrivare al 12,2%, un nuovo record ai tempi della moneta unica.
Il prestito di 40 miliardi di euro ricevuto dall'Esm, il meccanismo di stabilità europeo, ha consentito alla Spagna di ricapitalizzare le banche travolte dal crollo del settore immobiliare. L'azione della Banca centrale europea di Mario Draghi a sostegno del debito dei Paesi periferici - tra rassicurazioni, sfide alla speculazione e acquisti di titoli - hanno attenuato la tensione sul mercato del debito sovrano. Il risanamento del bilancio pubblico prosegue a fatica con Madrid sempre lontana dagli obiettivi di deficit concordati con i partner europei, anche se questa questione potrebbe essere risolta seguendo la nuova linea di Bruxelles sull'attenuazione delle politiche di austerity, anticipata senza mezzi termini dal presidente della Commissione, José Manuel Barroso e confermata ieri, con qualche distinguo, dal commissario agli Affari economici, Olli Rehn.

Un Paese che non cresce
Ma al suo secondo anno di piena recessione, dopo tre anni di austerity, con tagli alla spesa pubblica e aumenti delle tasse senza precedenti, l'economia spagnola certo non ha sconfitto «il nemico disoccupazione». Anzi, entrata nella grande crisi nel 2008 con tassi di disoccupazione simili a quelli tedeschi - intorno all'8,5% - la Spagna ha superato da tempo i livelli sostenibili socialmente: in un Paese di 47 milioni di abitanti ci sono quasi due milioni di famiglie rimaste senza alcun reddito da lavoro.
E resta irrisolto il problema di fondo del Paese: la perdita di capacità di competere e la conseguente mancanza di crescita. Il ministro dell'Economia Luis de Guindos ha dovuto ammettere questa settimana che «nel 2013 l'economia spagnola subirà una contrazione che potrà arrivare all'1,5 per cento». Il triplo di quanto dichiarato finora dal governo. E la debole performance economica, con conseguenze sui conti pubblici, rappresenta - secondo l'agenzia Moody's - «un rischio effettivo» per la Spagna che potrebbe portare a una revisione al ribasso del rating Baa3 come evidenziato dall'outlook che resta negativo.
Anche i guadagni di competitività - sottolineati ieri in due contesti molto diversi da Moody's e da Rehn - sembrano essere quasi esclusivamente legati alla disoccupazione e al calo del costo del lavoro e non invece alla qualità della produzione o a investimenti capaci di rendere le imprese spagnole più competitive.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi