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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2013 alle ore 08:00.
L'ultima modifica è del 26 aprile 2013 alle ore 06:43.

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La cabina di regia del comitato di affari del quale, secondo i pm di Milano, l'ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito e l'imprenditore veneto Stefano Bonet erano l'anima. Il rifugio sicuro nel quale incontrarsi e parlare al riparo da occhi e orecchie indiscrete era lo studio nel cuore di Milano di Bruno Mafrici, indagato anche lui nell'indagine della Procura di Milano che ha portato all'arresto, oltre che di Belsito e Bonet, di Romolo Girardelli, mentre il manager ex Fincantieri Stefano Lombardelli è all'estero.

Questa associazione a delinquere – in grado secondo l'accusa di influenzare le decisioni delle istituzioni e delle grandi imprese pubbliche, come ad esempio Fincantieri, Siram e Gnv, in virtù del potere politico acquisito nel tempo – si ritrovava in Via Durini 14. Quell'ufficio, si legge già a pagina 2 dell'ordinanza firmata dal Gip Gianfranco Criscione che ha aderito alle richieste dei pm Alfredo Robledo, Paolo Filippini e Roberto Pellicano, «può essere considerato la sede dell'associazione ove, infatti, avevano luogo le riunioni più significative».

La maggior parte degli incontri riservati della presunta associazione a delinquere aveva luogo, si legge nell'ordinanza, nello studio di via Durini, che l'indagato Mafrici «aveva messo a piena disposizione di Belsito. È qui per esempio che lo stesso Belsito incontrava l'indagato Paolo Scala per discutere i dettagli della delicatissima operazione di trasferimento dell'ingente somma di 4,5 milioni da un conto italiano della Lega Nord a un conto tanzaniano/cipriota di Bonet che altro non costituiva poi che il riciclaggio della stessa somma della quale al tempo stesso Belsito indebitamente si appropriava abusando della sua qualità di tesoriere del partito».

Il ruolo di Mafrici – il cui studio, oltre che l'abitazione e l'automobile, furono già perquisiti il 5 aprile 2012 e dalle quali furono sequestrati materiali ritenuti di grande valenza soprattutto dalla Procura di Reggio Calabria dove si svolge il filone più importante dell'indagine – secondo l'accusa è talmente importante che il professionista viene pagato da Bonet per servizi inesistenti prestati in favore della Siram (40mila euro). Lo stesso Mafrici, interrogato ad aprile 2012 dalla Procura di Reggio Calabria, ha ammesso il pagamento, nonostante il professionista di Melito Porto Salvo (Rc) abbia tentato di giustificare la somma con ricorsi amministrativi al Tar e al capo dello Stato per conto della stessa Siram. «L'impresa avrebbe certo le strutture per farlo senza rivolgersi a Mafrici – si legge nell'ordinanza a pagina 14 – ma soprattutto Mafrici non esercita alcuna professione legale e non è dunque abilitato a promuovere ricorsi giurisdizionali».

I rapporti con Belsito, al quale più degli altri Mafrici è legato, «sono ancora oscuri e più recenti di quelli dello stesso Belsito con Girardelli e Lombardelli – si legge ancora nel provvedimento firmato dal Gip, che richiama una nota della Dia di Reggio Calabria -. Belsito ha procurato a Mafrici un badge per l'ingresso alla Camera dei Deputati e certamente Mafrici fa parte della squadra».

Una serie di conversazioni raccolte dalla Procura di Reggio Calabria consentono, ad esempio, di accertare che Mafrici partecipa con Bonet a un incontro con Belsito destinato a trattare affari legati probabilmente a Fincantieri, si legge a pagina 15 dell'ordinanza, «posto che per l'occasione Bonet aveva appena acquistato un I-Pad da offrire in regalo a qualche dirigente di Fincantieri».
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Aggiornamento del 4 novembre 2021: Il 28 dicembre 2017, il Gip di Genova, su conforme richiesta della Procura ha archiviato il procedimento nei confronti di Bruno Mafrici.

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