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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2013 alle ore 06:37.

Un pericoloso mix di autolesionismo e incapacità di valorizzare le nostre doti di innovazione impedisce all'Italia non solo di mitigare le conseguenze della crisi globale ma anche di guadagnare un posto in prima fila nella nuova agognata fase di sviluppo. Efficienza della burocrazia, responsabilizzazione delle comunità locali che bloccano spesso e con assoluta ottusità gli investimenti in innovazione e in infrastrutture, veri passi verso la tanto promessa riforma della macchina amministrativa «iniziando dalla ormai ineludibile abolizione delle province», ammonisce Fulvio Conti (nella foto) ad Enel e vicepresidente di Confindustria. E intanto, subito, «una rivitalizzazione della domanda interna alleggerendo innanzitutto il carico fiscale su famiglie e imprese». Ecco le carte da giocare.
e Laura Serafini

La crisi morde, l'industria ansima. Un governo prende forma in queste ore e si cercano suggeritori per buone ricette. Fulvio Conti gode di un doppio osservatorio privilegiato. È il numero uno dell'Enel, che può (non si sa quanto il compito sia gradito) misurare attraverso i consumi di questo bene energetico essenziale, giorno per giorno, minuto per minuto, lo stato e gli sforzi del Paese per tirare su la testa. È vicepresidente di Confindustria, che mai come in queste settimane sta mobilitando tutte le energie possibili.
Come stanno davvero le cose?
Attraversiamo un periodo di recessione prolungata di proporzioni storiche. La caduta della domanda di energia elettrica ne è specchio fedele. Nel 2012 è tornata ai livelli del 2004. Abbiamo annullato in un colpo otto anni di progressi. L'industria ha perso il 25% della sua attività dal picco pre-crisi. Ma la fase recessiva non sta solo riducendo l'attività produttiva e quindi la capacità di investimento. Sta anche disegnando un modo nuovo e più efficiente per relazionarci con il sistema economico e sociale del Paese. Crea un nuovo paradigma i cui impatti sulla società non sono ancora compiutamente definiti. Urgono punti fermi.
Nasce, o per meglio dire sta tentando di nascere, un governo targato Enrico Letta. Merita fiducia?
Letta merita tutta la mia fiducia, anche perché conosce bene i problemi dell'industria. Ci auguriamo che operi subito per rilanciare l'economia reale. Fa bene il vostro giornale a mettere in evidenza un contatore delle imprese che chiudono. È la grande emergenza italiana. Non lo dico solo perché molte di queste imprese rappresentano nostri clienti che scompaiono, ma perché il Paese sta perdendo forza produttiva e capacità di creare posti di lavoro. Il Governo agisca subito sui punti indicati nelle settimane scorse dal documento di Confindustria: pagamenti alle imprese, cuneo fiscale, investimenti, burocrazia. Lì c'è tutto quello che va fatto, e anche come finanziarlo.

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