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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2013 alle ore 06:40.

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ROMA
Un 25 aprile che cade in circostanze politiche eccezionali, con un Parlamento che dopo due mesi di blocco ha trovato la sua via d'uscita nella rielezione di Giorgio Napolitano mentre non c'è ancora un Governo. Ed è proprio il contesto anomalo in cui cadono le celebrazioni che fa da miccia a un nuovo affondo di Beppe Grillo e innesca varie contestazioni di cui è stato vittima anche il presidente del Senato. Eppure, a riavvolgere il nastro fino a un anno fa si scopre di quanto fossero predittive le parole di Giorgio Napolitano pronunciate nella piazza gremita di Pesaro, quando ancora non si poteva immaginare lo scenario di questi giorni. La sua strigliata ai partiti – allora – fu durissima quanto quella pronunciata qualche giorno fa alle Camere: chiese ai partiti una nuova legge elettorale, un'autoriforma delle stesse forze politiche con norme sul finanziamento ai partiti e riduzione dei costi della politica, chiese lo slancio di un autorinnovamento per non rischiare lo strappo definitivo con i cittadini.
Un presagio, insomma, anche se allora come oggi difese il ruolo dei partiti nella vita democratica del Paese. Ieri, dopo il suo omaggio all'Altare della patria e dopo la sua visita al museo della Liberazione a Roma, si è preoccupato del contingente, della nascita del Governo Letta al quale – ha già detto – non esistono alternative. Un avvertimento ben chiaro ai partiti ai quali fa vedere lo spettro dello scioglimento delle Camere e del voto subito, un vero incubo soprattutto per un Pd ridotto a brandelli e alla ricerca di una nuova leadership. «Siamo in un tempo di crisi ed è venendo qui, e in tutti i luoghi in cui è cominciata la Resistenza, che abbiamo molto da imparare: serve coraggio, fermezza e senso dell'unità che furono decisivi per vincere la battaglia della Resistenza».
Dalla parte opposta, dal suo blog, Beppe Grillo emette la sua fatwa di giornata contro Enrico Letta, contro Berlusconi e contro Napolitano parlando di una Liberazione defunta. «Nella nomina a presidente del Consiglio di un membro del Bildeberg, il 25 aprile è morto; nella grassa risata del piduista Berlusconi in Parlamento il 25 aprile è morto, nella rielezione di Napolitano il 25 aprile è morto». E mentre il Movimento 5 Stelle è stato "precettato" a disertare le celebrazioni (ma si è vista Roberta Lombardi a piazza Venezia) varie contestazioni si sono accese a Genova, con i fischi al presidente della Liguria mentre ringraziava il capo dello Stato mentre a Firenze, Matteo Renzi, mandando un «saluto grato a Napolitano» ha avuto la standing ovation in Palazzo Vecchio. Momenti di tensione, con fischi anche a Bergamo mentre parlava il presidente del Comitato antifascista, Carlo Salvioni, sulla rielezione di Napolitano (proteste dirette più alle circostanze politiche che non al nome del presidente).
Ma a duellare con Beppe Grillo è stata Laura Boldrini intervenuta alle celebrazioni milanesi insieme al sindaco Pisapia. «La festa della Liberazione non è morta», ha replicato a chi gli chiedeva delle parole del leader dei 5 Stelle; e i consiglieri del Movimento, Silvana Carcano e Mattia Calise, hanno lasciato il palco di piazza Duomo dopo l'intervento della presidente della Camera. La contestazione più forte è stata però quella a Pietro Grasso a Marzabotto. «Riconosco le ragioni dei contestatori ma dobbiamo lavorare insieme per costruire», ha risposto il presidente del Senato che ha ricevuto numerosi applausi.
Resta agli atti il discorso di Napolitano di un anno fa e quel richiamo inascoltato dai partiti che questa volta non potranno sfuggire. Sul tavolo, questa volta, c'è il voto anticipato e perfino le dimissioni di un capo dello Stato appena rieletto.
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