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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2013 alle ore 17:26.

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Secondo: l'Europa è il nostro viaggio. La sua storia non è scritta malgrado noi. È scritta da noi. L'orizzonte è europeo, con le università che devono diplomare laureati in grado di lavorare ovunque in Europa, e le imprese che devono inventare prodotti che siano competitivi a livello continentale se non globale. Pensare l'Italia senza l'Europa è la vera limitazione della nostra sovranità, perché porta alla svalutazione più pericolosa, quella di noi stessi. Vivere in questo secolo vuol dire non separare le domande italiane e le risposte europee, nella lotta alla disoccupazione e alla disuguaglianza, nella difesa e nella promozione di tutti i diritti. E soprattutto, l'abbattimento dei muri tra il Nord e il Sud del continente, così come tra il Nord e il Sud dell'Italia.

Terzo: il porto a cui il nostro viaggio è rivolto sono gli Stati Uniti d'Europa e la nostra nave si chiama democrazia. Guardiamo con ammirazione lo sviluppo delle altre nazioni, in particolare in Asia e in Africa, ma non vogliamo sognare i sogni degli altri. Abbiamo il diritto a sogno che si chiama Unione Politica e abbiamo il dovere di renderlo più chiaro. Possiamo avere «più Europa» soltanto con «più democrazia»: con partiti europei, con l'elezione diretta del Presidente della Commissione, con un bilancio coraggioso e concreto come devono essere i sogni che vogliono diventare realtà.

L'Italia vive in un mondo sempre più grande, caratterizzato dall'arrivo sulla scena di nuove potenze emergenti che stanno modificando gli equilibri mondiali. Di fronte a giganti come Cina, India e Brasile, i singoli Stati europei non possono che sviluppare una politica comune per raggiungere la massa critica necessaria ad interagire con questi nuovi attori e influire sui processi globali.

Questo significa un rinnovato impegno per una politica estera e di difesa comuni, tese a rinnovare l'impegno per il consolidamento dell'ordine internazionale, un impegno che vede le nostre Forze Armate in prima linea, con una professionalità e un'abnegazione seconda a nessuno. Lavoreremo per trovare una soluzione equa e rapida alla dolorosa vicenda dei due Fucilieri di Marina trattenuti in India, che ne consenta il legittimo rientro in Italia nel più breve tempo possibile.

L'Italia è saldamente collocata nel campo occidentale, ma la sua posizione geopolitica proiettata verso altre civiltà, la sua cultura abituata al dialogo e la sua economia vocata all'esportazione possono consegnarle un ruolo di ponte tra l'Occidente e le nuove potenze emergenti.

Questo è importante soprattutto nel Mediterraneo, dove il consolidamento delle primavere arabe, la risoluzione politica della crisi in Siria e la prosecuzione del processo di pace in Medio Oriente sono le questioni più urgenti.

CONCLUSIONE
In questi giorni ho pensato al personaggio biblico di Davide.

Come lui, con lui, siamo nella valle di Elah, in attesa di affrontare Golia.

Nella valle delle nostre paure di fronte a sfide che appaiono gigantesche. Anche la sfida di metterci insieme per affrontarle. Come Davide in quella valle, dobbiamo spogliarci della spada e dell'armatura che in questi anni abbiamo indossato e che ora ci appesantirebbero.

Davide "prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese in mano la fionda e si avvicinò a Golia". Noi, dal "torrente" delle idee sulle quali ci siamo confrontati abbiamo scelto i nostri "ciottoli", le nostre proposte di programma. La "fionda" l'abbiamo in mano insieme, governo e Parlamento. Ma di Davide ci servono il coraggio e la fiducia. Il coraggio di mettere da parte quella "prudenza politica" che spinge a evitare il confronto con le nostre paure, a rimanere nella valle e, se proprio decidiamo di muoverci, a farlo con indosso l'armatura. Il coraggio di affrontare la sfida liberandoci dell'armatura, forse lo abbiamo trovato. La fiducia è quella che chiediamo al Parlamento e agli italiani

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