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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2013 alle ore 11:18.

Quasi da non credere. Una rissa in piena regola a sette mila metri di quota, tra i ghiacci di una delle vette più alte del mondo. Vittime dell'aggressione di un gruppo di sherpa, Simone Moro, uno dei più noti alpinisti di casa nostra, e i suoi due compagni di cordata, lo svizzero Ueli Steck e il fotografo britannico Jon Griffith. La baruffa è avvenuta sabato scorso tra il Campo 2 e il Campo 3 del versante nepalese dell'Everest. Secondo il quotidiano Himalayan Times, Moro e Griffith avrebbero riportato ferite non preoccupanti, mentre per Steck si parla di profondi tagli sul viso, che hanno reso necessario il suo trasferimento all'ospedale di Kathmandu.
La polizia nepalese ha aperto un'indagine sull'accaduto. Stando alla prima ricostruzione dei fatti, confermata dall'Himalayan Times e da alcuni testimoni, i tre alpinisti europei sarebbero stati aggrediti dalle guide del posto perché non avrebbero obbedito alla richiesta di dare precedenza alla loro spedizione. Calci, pugni, sassi e pure una coltellata, che fortunatamente non ha provocato alcun danno. Spiega il comunicato ufficiale diffuso dalla spedizione: «Intorno alle 8 del mattino del 27 aprile 2013, Simone Moro, Ueli Steck e Jonathan Griffith hanno lasciato campo 2 per raggiungere la tenda a circa 7200 metri (il campo 3 basso) sulla parete ovest del Lhotse. Un team di sherpa d'alta quota stava attrezzando con le corde fisse la parete e aveva chiesto agli alpinisti di non toccare le corde fintanto che lavoravano. Pertanto il trio scalava a circa 50 metri di distanza per non disturbare gli sherpa nel loro lavoro».
Tempo qualche minuto e la situazione precipita. «Quando i tre alpinisti hanno raggiunto l'altezza a cui avevano già montato la tenda - dice ancora la nota - hanno compiuto il traverso nella neve e sono stati costretti a incrociare le corde degli sherpa per raggiungere la loro tenda, posta circa 20 metri di lato. Gli alpinisti hanno scelto di attraversare in un punto in cui altri 4 sherpa erano fermi in sosta mentre il loro capo continuava a fissare le corde più sopra. Superare le corde non ha interferito in alcun modo con il loro lavoro. Gli alpinisti salivano slegati e senza usare le corde, quindi nessuna corda si è aggrovigliata a un'altra. Inoltre, essendo passati sotto il loro capo, non avrebbero potuto colpirlo facendogli cadere addosso né neve né ghiaccio. Jonathan Griffith andava davanti e dopo aver superato le corde e percorso altri 15 metri lo seguiva Ueli Steck. A quel punto, quando Ueli Steck ha superato le corde e il capo degli sherpa ha notato gli alpinisti più sotto ha iniziato a urlare e a colpire il ghiaccio con la piccozza».
Poi, la rissa. Che inizia quando i tre alpinisti raggiungono il Campo 2. Sarebbero un centinaio gli sherpa che partecipano all'aggressione. «È stato detto agli alpinisti che durante la notte uno di loro sarebbe morto, e che degli altri due avrebbero deciso più tardi», la testimonianza di chi c'era. Già, ma perché le leggendarie guide nepalesi avrebbero reagito in modo così violento? Secondo i responsabili della spedizione, gli sherpa sostengono che Moro e i suoi due compagni avrebbero «tirato addosso del ghiaccio a quelli di loro che stavano sotto. Nessuno sherpa però risulta ferito. D'altra parte su una parete di ghiaccio, essere colpito da pezzi di ghiaccio è un'eventualità che può capitare. Gli alpinisti ritengono che il capo degli sherpa fosse stanco, avesse freddo e si sentisse ferito nell'orgoglio dai loro tre che si muovevano senza corda e molto più velocemente di lui».
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