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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2013 alle ore 12:40.

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Il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, era stato chiaro nel corso della sua audizione del Def. E a chi gli chiedeva conto di quelle previsioni dell'Ocse che collocano il deficit italiano al 3,3% del Pil nel 2013 aveva replicato secco: non conta ciò che dice l'Ocse, contano le previsioni della Ue. Perciò, le nuove colonne d'Ercole per il nostro Paese sono le stime dell'Unione europea che vedono il disavanzo pubblico al 2,9 per cento per quest'anno e al 2,5 per cento l'anno prossimo.

Dunque, la strada per l'uscita da quella procedura d'infrazione per deficit eccessivo aperta nei confronti dell'Italia dal 2009 è ora una prospettiva concreta: infatti nel 2012 il deficit è stato riportato nei limiti e nel 2013, anno in cui la Ue prevede per l'Italia una decrescita dell'1,3 per cento, un disavanzo del 2,9% (che già include gli effetti del decreto sulla restituzione dei debiti della Pa) è una buona approssimazione di un bilancio in pareggio strutturale (ovvero al netto del ciclo economico). Come ha spiegato Saccomanni, ciò comporta la possibilità di allentare il nodo scorsoio del Patto di stabilità interno, utilizzando per investimenti i fondi in cofinanziamento della Ue che sono pari a 12 miliardi nel triennio 2013- 2015.

Inoltre, il segnale di volersi attenere al rispetto del tetto al tre per cento di indebitamento netto da parte dell'Italia anche per il futuro sarà pagante in termini di credibilità e di riduzione dello spread che significa minori oneri sul debito pubblico(lo stock nei calcoli della Ue continua a salire al 131,4% del Pil quest'anno e al 132,2 nel 2014) e minor costo del credito all'economia.

Se dunque i piani di riforma che il governo deve spedire a Bruxelles entro la fine di maggio saranno solidi e coerenti con gli impegni assunti in Europa, non ci sarà bisogno di nuovi interventi pubblici restrittivi in corso d'anno, come paventava il numero due dell'Ocse Piercarlo Padoan. Se, invece, le contrapposizioni fra partiti sul da farsi per l'Imu porteranno a un nuovo ritardo nella presentazione dei piani triennali, si rischierà, come ha detto il ministro dell'Economia, di far la fine di quegli studenti che all'Università hanno sostenuto tutti gli esami e hanno scritto anche una tesi che alla fine non presentano: la laurea non arriva e, in questi tempi di disoccupazione al 12 per cento, l'indipendenza economica resta un mito irrealizzabile.

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