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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2013 alle ore 18:34.

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Nella foto Enrico Letta e Angela Merkel (ItalyPhotoPress)Nella foto Enrico Letta e Angela Merkel (ItalyPhotoPress)

Non è dato sapere se poi la signora Merkel abbia davvero dato lezioni al neopremier Enrico Letta su come si governa con una maggioranza di larga intesa. A giudicare da questi primi giorni di governo, però, qualche ripetizione sarebbe ancora molto utile. Non c'è futuro per un governo di ampia coalizione, innanzitutto, se ogni membro dell'esecutivo comincia a rilasciare interviste su temi delicatissimi parlando da dirigente di partito prima che da uomo di governo.

Chiedere all'Europa maggiore flessibilità per un paese, come l'Italia, che ha fatto più del possibile per stare nei parametri europei, è non solo legittimo ma assolutamente opportuno e auspicabile. Ma va fatto nei modi e nelle sedi giuste. Proprio Letta ha posto la questione con intelligenza e competenza diplomatica durante i suoi incontri a Berlino, Parigi e Bruxelles.

Chiederlo, invece, in interviste date ai giornali da viceministri in ordine sparso è il modo migliore per creare un clima di diffidenza in Europa e allontanarci dall'obiettivo. Stefano Fassina è persona cui non manca serietà e coerenza, ma oggi non è più il responsabile economico di un partito in campagna elettorale, è il vice del ministro Saccomanni, all'interno di un governo che ha un bravo ministro per i rapporti con l'Europa, una straordinaria ministra degli Esteri e un premier esperto di cose europee. Letta gli faccia presente che è il momento di lasciar stare la propaganda elettorale e di lavorare, con sobrietà e rispetto dei ruoli, all'interno della squadra di governo.

Fassina, è probabile, dovrà ascoltare. Più complicato, certamente, sarà per Letta esigere lo stesso spirito di squadra e di "servizio" al Paese, da colui che in questi giorni ha dimostrato di sentirsi il vero azionista di maggioranza del governo. Parliamo di Berlusconi. Difficile che sull'ex premier Letta possa aver avuto buoni consigli dalla Cancelliera. Non era la persona più adatta. Ma se l'obiettivo di Berlusconi è davvero quello di far durare questo governo (e il dubbio ovviamente c'è), farebbe bene a tenere anche lui in mente la regola di base di un esecutivo di larga intesa: ogni impegno programmatico, preso da ciascun partito in campagna elettorale, aveva valore in caso di vittoria nelle urne. Ma un governo di coalizione è cosa del tutto nuova e diversa. Parteciparvi significa dover rimettere in discussione le proprie priorità, tenendo conto delle priorità degli altri e, soprattutto, della situazione nuova che si è venuta a determinare.

Anche Bersani aveva una sua priorità programmatica: fare il premier e cancellare 20 anni di Berlusconi. Ma non ha vinto le elezioni, come non le ha vinte Berlusconi, e Letta non terrà conto di quella priorità. Impuntarsi sulla cancellazione dell'Imu sulla prima casa è, quindi, politicamente comprensibile, ma incompatibile con la logica di un governo di coalizione. Tanto più che in questo mese che ci separa dalla decisione europea sulla possibilità o meno per l'Italia di uscire dalla procedura di infrazione, al governo non è concesso nessun passo falso. Niente interviste fuori registro, dunque. Ma neppure iniziative sul fronte fiscale che diano il segno di un abbassamento della guardia sul fronte della responsabilità.

L'Europa è pronta a dare maggiore flessibilità all'Italia, ma ogni risorsa disponibile per le riduzioni fiscali va concentrata lì dove si fa davvero crescita e occupazione: priorità al taglio del cuneo fiscale, che grava su lavoro e imprese, quindi, e molto meno alle tasse sugli immobili. Nei paesi liberali orientati alla crescita si fa così.

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