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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2013 alle ore 14:55.

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È morto Andreotti, il condannato prescritto per Mafia!», scrive su Facebook la deputata M5S Giulia Sarti. Alla notizia del decesso del più longevo uomo politico italiano torna alla memoria il processo per mafia in cui il senatore a vita venne coinvolto. Queste le tappe salienti:

il 27 marzo 1993: al Senato arriva la richiesta di autorizzazione a procedere per concorso in mafia: è avanzata dalla Procura di Palermo.

26 settembre 1999: comincia nell'aula bunker dell'Ucciardone, a Palermo, il "processo del secolo". L'accusa si è trasformata in associazione mafiosa.

23 ottobre 1999, dopo 6 anni e mezzo dall'inizio della vicenda Andreotti è assolto con la formula "dubitativa".

19 aprile 2001: inizia il processo di appello a Palermo.

2 maggio 2003: la Corte di appello di Palermo conferma, con alcune modifiche, la sentenza di assoluzione per Giulio Andreotti dall'accusa di associazione mafiosa.

28 dicembre 2004: la Cassazione conferma la sentenza di assoluzione nel processo per mafia: la sentenza di Palermo diviene così definitiva. Prescrizione per il delitto di associazione a delinquere fino alla primavera del 1980 e l'assoluzione per il reato di associazione mafiosa dal 1980 in poi. I magistrati annotano che è dubbio il ruolo di Andreotti per i rapporti con Cosa Nostra prima del 1980, visti anche gli incontri con il boss Stefano Bontade, i legami con Vito Ciancimino e con i cugini Nino e Ignazio Salvo: ma la questione non può essere approfondita dato che i fatti sono coperti da prescrizione.

Il senatore venne anche prima condannato poi assolto per l'omicidio del giornalista Pecorelli insieme a TanoBadalamenti.

Cicchitto parla di medazione
«Con Giulio Andreotti muore una personalità che nel bene e nel male ha espresso lo spirito più profondo della Dc». Lo afferma in una nota Fabrizio Cicchitto del Pdl. «Per lui la mediazione - osserva - era l'essenza della politica e andava esercitata con tutti, dal Pci ai grandi gruppi economico finanziari agli alleati politici fino anche alla mafia tradizionale, mentre invece condusse una lotta senza quartiere contro quella corleonese».

Ingroia insiste
«Con la morte di Giulio Andreotti se ne va un protagonista, più spesso negativo che positivo, della storia italiana degli ultimi 70 anni«. Lo dice il leader di Azione Civile, Antonio Ingroia. «Si chiude così in questi giorni - aggiunge- una pagina della storia italiana contrassegnata da due simboli opposti: Agnese Borsellino con la sua richiesta allo stato di verità e di giustizia, rimasta inappagata, e Andreotti con il suo pragmatismo cinico che, in nome delle ragioni della politica e della ragion di stato, giunse a stringere accordi con la mafia. Andreotti, con le sue tante ombre e poche luci, è morto, l'andreottismo sicuramente no».

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