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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2013 alle ore 12:57.

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Restano a Milano i processi Mediaset e Ruby in cui è imputato Silvio Berlusconi. Dopo una Camera di consiglio lampo, la VI sezione penale della Corte di cassazione ha respinto questa mattina il ricorso dei legali dell'ex premier che puntava ad ottenere lo spostamento a Brescia dei due procedimenti per il legittimo sospetto di scarsa serenità dei giudici chiamati a decidere i due processi. Con la bocciatura della richiesta di rimessione per legittimo sospetto le udienze dei due processi potranno ricominciare regolarmente: il procedimento per i diritti tv Mediaset riprenderà già mercoledì 8 maggio, mentre l'udienza per la vicenda Ruby proseguirà in aula lunedì prossimo, il 13 maggio.

Immediata la reazione dei legali di Berlusconi alla decisione dei giudici della Suprema corte. In una nota, Nicolo Ghedini e Piero Longo hanno infatti confermato l'intenzione di chiedere il rinvio dell'udienza dell'8 maggio (previste le arringhe degli avvocati di due coimputati dell'ex premier, Gabriella Galetto e Daniele Lorenzano) in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sul conflitto sul legittimo impedimento dell'ex premier nel primo grado dello stesso processo.

Il processo su presunte irregolarità nella compravendita dei diritti tv, che la Cassazione ha stabilito dovrà proseguire a Milano, é l'appello del procedimento che ha visto in primo grado la condanna a quattro anni per Berlusconi (di cui tre coperti da indulto), accusato di frode fiscale. Su questo procedimento pende la ricordata pronuncia della Consulta sul conflitto sollevato in relazione ad una richiesta di legittimo impedimento, presentata dai legali di Berlusconi e non accolta dai giudici del tribunale di Milano.

Al centro della questione c'é l'udienza del primo marzo 2010, quando la difesa dell'allora premier chiese il rinvio della discussione fissata per quel giorno per legittimo impedimento, in quanto Berlusconi era impegnato in una riunione del consiglio dei ministri. Il tribunale di Milano aveva deciso di far proseguire il dibattimento, non accogliendo la richiesta, con la motivazione che la data dell'udienza era stata fissata con largo anticipo, ben prima del Consiglio dei ministri, convocato invece all'ultimo momento.

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