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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2013 alle ore 07:02.

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Il Governo ha ritirato lo statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale, che aveva spedito a metà marzo alla Corte dei conti per la registrazione. Il 24 aprile la sezione di controllo dei giudici contabili ha ricevuto un imprevisto dietro-front da parte di Palazzo Chigi, che ha chiesto di riavere indietro il provvedimento. Il Dpcm, firmato a inizio marzo dall'allora premier Mario Monti su proposta di ben quattro ministri (Passera, Patroni Griffi, Profumo e Grilli), dava alla neonata Agenzia - che da inizio gennaio è nelle mani del direttore generale, Agostino Ragosa - la possibilità di diventare operativa, dopo una partenza al rallentatore. Ora, invece, è tutto da ripensare.

Sul perché del ritiro dello statuto circolano, negli ambienti degli addetti ai lavori, alcune ipotesi. La più accreditata è che in realtà la retromarcia governativa sia stata indotta dalla stessa Corte dei conti, accortasi che il provvedimento presentava più di un punto debole. Dunque, per evitare una bocciatura dei giudici contabili, questi ultimi avrebbero "suggerito" al Governo di ritirare l'atto per poterci rimettere mano. Nel frattempo, però, a Palazzo Chigi c'è stato il passaggio di testimone fra Monti e Letta e anche nei quattro ministeri coinvolti i responsabili sono cambiati. Si tratterà di vedere se lo stop non sarà l'occasione per una rimeditazione più profonda da parte del nuovo Esecutivo.

A dover essere ripensata - stando alle indiscrezioni che accreditano la bocciatura mascherata - è sicuramente la parte relativa alla dotazione organica. Lo statuto la fissa in 150, mentre la norma istitutiva dell'Agenzia (l'articolo 22 del decreto legge 83/2012, converito dalla legge 134) parla di un organico formato dall'accorpamento del personale della soppressa DigitPa (circa 120 unità), di quello dell'Agenzia per l'innovazione (altra struttura cancellata, che contava due dipendenti) e degli addetti del dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione presso la presidenza del Consiglio che scelgono di transitare nell'Agenzia. Dunque, 150 unità è la cifra massima, che non necessariamente deve essere raggiunta. Lo statuto, invece, non lascia spazio a interpretazioni di questo tipo e afferma che la dotazione dell'Agenzia è »fissata in numero di 150 unità».

Altro aspetto che potrebbe aver fatto riflettere i giudici contabili è quello relativo alla composizione del comitato di indirizzo dell'Agenzia, che, secondo lo statuto, è presieduto dal direttore generale. Si potrebbe così venire a creare un cortocircuito, dato che nella poltrona più alta della struttura che deve fornire le linee di operatività all'Agenzia - e , dunque, allo stesso direttore - siede proprio quest'ultimo.

C'è, infine, un'altra possibile criticità nell'ultimo articolo dello statuto, quello che prevede, in via transitoria, la copertura di posti dirigenziali per garantire piena operatività al nuovo organismo. La norma, infatti, assegna al direttore generale la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato, per un massimo di due anni non rinnovabili, a persone di compravata professionalità, da assumere con qualifiche dirigenziali, di cui 3 di livello generale. In tempi di spending review è assai probabile che ai giudici dei conti questo possa essere sembrato troppo.

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