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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2013 alle ore 18:00.

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Danilo Coppola (Fotogramma)Danilo Coppola (Fotogramma)

La Corte di Appello di Roma ha assolto con formula piena, «perché il fatto non sussiste», l'imprenditore Danilo Coppola, che era stato accusato di bancarotta fraudolenta, associazione per delinquere, appropriazione indebita e falso ideologico in relazione al crac della società Micop, vicenda costata in primo grado all'imprenditore una condanna a sei anni di reclusione. Arrestato il 1 marzo del 2007, Coppola aveva subito due anni di custodia cautelare.

Si è chiusa così una vicenda giudiziaria su cui ha certamente pesato la decisione con cui lo scorso dicembre la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della Micop, aveva decretato la nullità della sentenza di fallimento. I giudici della Corte di Appello di Roma hanno disposto nei confronti di Danilo Coppola la restituzione delle partecipazioni azionarie precedentemente poste sotto sequestro, compresa la quota del 2% di azioni della Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni (Bim). «Il periodo di detenzione, subito da Coppola per le accuse per cui oggi si è avuta l'assoluzione piena, ha provocato centinaia di milioni di danni al Gruppo», si legge in una nota.

E l'imprenditore, dopo l'assoluzione, ha così commentato: «Il mio arresto, come ho sempre detto, è stato creato ad arte ed in molti oggi si dovrebbero per questo vergognare».

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