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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2013 alle ore 11:37.

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Nella foto Papa FrancescoNella foto Papa Francesco

Il Papa si scaglia di nuovo contro il carrierismo nella Chiesa. «Pensiamo al danno che arrecano al Popolo di Dio gli uomini e le donne di Chiesa che sono carrieristi, arrampicatori, che "usano" il popolo, la Chiesa, i fratelli e le sorelle - quelli che dovrebbero servire - come trampolino per i propri interessi e le ambizioni personali». Così Bergolio nella udienza alla Unione Internazionale delle Superiore Generali (Uisg) prima dell'udienza generale in piazza San Pietro. Il Papa - che sta pensando alla riforma della Curia, percorsa in particolare negli ultimi tempi del precedente pontificato da sconti di potere tra porporati - ha sottolineato che «Nell'esercizio dell'autorità è sempre presente il servizio: non dobbiamo mai dimenticare che il vero potere, a qualunque livello, è il servizio, che ha il suo vertice luminoso sulla Croce».

Benedetto XVI, con grande sapienza, ha richiamato più volte alla Chiesa che se per l'uomo spesso autorità è sinonimo di possesso, di dominio, di successo, per Dio autorità e sempre sinonimo di servizio, di umiltà, di amore; vuol dire entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi agli Apostoli, e che - ha proseguito il Papa citando il Vangelo di Matteo - dice ai suoi discepoli: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse... Tra voi non sarà così; ma chi vuole essere grande tra voi, sarà il vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo».

Dal Papa, anche l'invito a riflettere sul «danno che arrecano al Popolo di Dio gli uomini e le donne di Chiesa che sono carrieristi, arrampicatori, che "usano" il popolo, la Chiesa, i fratelli e le sorelle - quelli che dovrebbero servire -, come trampolino per i propri interessi e le ambizioni personali». E ancora: «Sappiate sempre esercitare l'autorità accompagnando, comprendendo, aiutando, amando», ha detto Bergoglio; «abbracciando tutti e tutte, specialmente le persone che si sentono sole, escluse, aride, le periferie esistenziali del cuore umano. Teniamo lo sguardo rivolto alla Croce: lì si colloca qualunque autorità nella Chiesa, dove Colui che è il Signore si fa servo fino al dono totale di sé».

Poi un messaggio diretto alle 800 suore presenti nell'aula Paolo VI, e che rappresentano gli oltre 1.900 ordini e congregazioni: «Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza! Grazie! La consacrata - ha affermato il Pontefice - é madre, deve essere madre e non zitella! Questa gioia della fecondità spirituale animi la vostra esistenza».

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