Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2013 alle ore 06:39.

My24

di Riccardo Sorrentino È stata l'organizzazione internazionale più odiata. Poi la crisi, e qualche fallimento, l'hanno spinta nel dimenticatoio. La Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, resta però la più potente delle grandi istituzioni: il suo tribunale commina sanzioni pesanti - l'esecuzione è affidata alla parte lesa... - e nessuno ha diritto di veto.
In questi giorni la designazione del direttore generale, il brasiliano Roberto Azevedo, al posto del francese François Lamy, ha riportato un po' di attenzione sull'organizzazione di Ginevra. Azevedo dovrà innanzitutto rilanciare il ciclo di negoziati del Doha Round, lanciato nel 2001 e arenato per assenza del consensus. Ogni decisione, alla Wto, va infatti presa all'unanimità, nel senso che devono mancare manifestazioni esplicite di dissenso.
È difficile dunque che Azevedo possa riuscire dove Lamy ha fallito. Non è la leadership dell'organizzazione - che si riduce a un forum per le trattative e a un tribunale - che potrà sbloccare i negoziati. La Conferenza dei ministri, l'appuntamento biennale per i colloqui finali, tornerà in grande stile a dicembre, con una trasferta a Bali, dopo due incontri in tono minore a Ginevra; ma occorre una volontà politica diffusa per concludere accordi multilaterali. Negli ultimi anni, le nazioni hanno scelto piuttosto la strada delle intese bilaterali: la Ue ha così aperto trattative con Usa e Giappone. Già all'inizio di questo secolo, del resto, proliferavano gli accordi regionali.
La Wto è vittima dei suoi successi. Ha ottenuto risultati importanti che, bene o male, hanno messo d'accordo gli interessi di tutti; ma non è stata curata l'efficienza degli interventi, che sono stati disarmonici. Si è avviata la liberalizzazione nei settori manifatturieri; e aziende con milioni di lavoratori privi di tutele sono entrati in concorrenza con imprese che occupavano operai e tecnici più garantiti. In un contesto di cambi fissi o quasi-fissi, che impedivano ogni riequilibrio, gli effetti sono stati in alcuni casi pesanti.
Sono calati, è vero, i prezzi dei prodotti, ma non in tutti i settori: i servizi sono rimasti relativamente al riparo dalla competizione - anche in assenza della libera circolazione delle persone (medici, ingegneri...) - e godono di prezzi e margini da oligopolio. Le intese sui brevetti hanno poi diffuso monopoli frenando l'innovazione e rendendo patetici, se non tragici, i tentativi di creare un mercato efficiente (e quindi equo per i consumatori) in settori delicati come la sanità.
Non si può dire che la crisi, e la diseguaglianza che ora pesa anche sulla crescita, sia stata creata dalla Wto; ma il contributo dei suoi interventi, varati nella sequenza sbagliata, è stato rilevante (come avvertiva del resto la teoria più avveduta: si pensi al teorema del second best).
Ora però il commercio internazionale andrebbe rilanciato. Una volta risolto il problema della carenza di domanda - in Eurolandia, per esempio - occorrerà ricreare le condizioni per la crescita, e saranno necessarie politiche microeconomiche molto attente, su base internazionale. Ci sarà anche bisogno di una nuova Wto, che non si faccia odiare. Una sfida difficile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi