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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2013 alle ore 06:40.

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ROMA
Allo stato dei rapporti già di per sé incandescenti sulla giustizia si è aggiunto ieri un nuovo fronte, con il riemergere dei vecchi contrasti in materia di intercettazioni. Questo mentre per le imminenti modifiche all'Imu sembrava montare mano a mano la tensione nel partito di Berlusconi in vista del Consiglio dei ministri di venerdì. Un insieme di perplessità che ha suggerito alla componente pidiellina del Governo l'opportunità di confrontarsi in serata, ieri, nella sede di via dell'Umiltà per fare il punto della situazione. In realtà, l'appuntamento de visu del vertice è stato terreno di una riflessione assai più a largo raggio sul senso della presenza nell'esecutivo Letta. Anche se i capigruppo alla Camera e al Senato, Renato Brunetta e Renato Schifani, si affrettano poi a escludere che si sia trattato di un «gabinetto di guerra», è in gran parte sulla linea politica che ha avuto luogo la discussione. «La riunione – preciseranno i due – non è frutto di una convocazione dei ministri sulla possibile mancata sospensione dell'Imu sui capannoni» quanto «il secondo di una serie di incontri che hanno il solo scopo di armonizzare e integrare l'attività di governo e il lavoro dei gruppi parlamentari di Camera e Senato».
Oltre le voci e al di là delle precisazioni il Pdl è sempre più lanciato all'attacco. Anche se, per il momento, non si vuole apparire irriguardosi nei confronti del premier e soprattutto causa di un futuro fallimento del corso lettiano agli occhi dell'opinione pubblica il posizionamento sui temi-simbolo ha tutti i contorni di un'offensiva.
In primis, sulla giustizia. Non è un caso che nel giorno in cui alla giunta per le autorizzazioni della Camera arriva la richiesta per l'utilizzo di alcune conversazioni telefoniche di Denis Verdini, Nicola Cosentino e Marcello Dell'Utri nell'ambito del procedimento sulla cosiddetta P3, venga fuori al vecchia battaglia sui limiti alle intercettazioni. Due i progetti di legge presentati in Parlamento: uno a Montecitorio, a firma Maurizio Bianconi, e l'altro al Senato di Domenico Scilipoti. Sui dettagli dell'ipotesi di modifica ulteriore alla disciplina è entrato il capogruppo in commissione Giustizia Enrico Costa, spiegando che si tratta di un testo che riprende pari pari la proposta Alfano che mirava a una stretta più o meno marcata, secondo i punti di vista, sulle intercettazioni. Con tanto di sottolineatura del significato politico della scelta di procedere nel solco del lavoro avviato in precedenza.
Com'era naturale dal Pd si alza un muro di irricevibilità nei confronti dell'iniziativa autonoma e non concordata del Pdl. Il tema delle intercettazioni «non è all'ordine del giorno e non è una priorità né per il Parlamento né per il Governo», taglia corto il segretario Guglielmo Epifani durante l'assemblea dei senatori democratici. «In una situazione politica così delicata – aveva prima ancora precisato il presidente della commissione Giustizia di Montecitorio Donatella Ferranti – non credo sia un tema che possa rientrare tra le priorità per venire inserito in tempi rapidi». Il deputato Costa ha chiesto una corsia preferenziale per i provvedimenti che erano già stati approvati da un ramo del Parlamento nella precedente legislatura e il tema delle intercettazioni rientrerebbe proprio in questa categoria. Un ostacolo sul percorso è però il fatto che in base al regolamento di Montecitorio il testo, non essendo conforme all'originale, non può godere di una via privilegiata.
Ormai il conflitto di Berlusconi con i giudici è esploso potentemente, nel clima infuocato delle contestazioni di Brescia e con la sequela di partite aperte per il Cavaliere, impegnato in numerosi processi di qui ai prossimi mesi. Ieri ad agitare le acque si è aggiunto il plenum del Consiglio superiore della magistratura che ha approvato un documento dei consiglieri di Unicost in cui si chiede l'intervento del ministro della Giustizia Cancellieri «a sostegno delle toghe». Il leader del Pdl ora come ora appare intenzionato a seguire l'evolversi del quadro in disparte evitando il rischio di personalizzare più di tanto le ragioni dello scontro. Solo in caso precipitasse la situazione si troverebbe costretto a quel punto a posizionarsi alla testa delle truppe pidielline, come d'altronde ha dimostrato di saper fare nel passato. Per lui parla invece (e non è la prima volta) Marina Berlusconi. In una intervista a Panorama, la primogenita del premier si scaglia contro quella «pattuglia di procure, che sono, quelle sì per davvero, procure ad personam». Ed il processo Ruby diventa «una farsa, una montatura infernale, una fiction agghiacciante ad uso e consumo di media molto compiacenti».
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