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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2013 alle ore 15:09.

Jorge Rafael Videla, l'ex generale che guidò l'Argentina durante gli anni più sanguinosi del regime militare e che non si pentì mai degli omicidi, le torture e i rapimenti commessi dalla sua giunta tra il 1976 e il 1981, è morto questa mattina in carcere a 87 anni.
I media locali riferiscono che l'ex dittatore è deceduto per cause naturali, mentre scontava una condanna all'ergastolo nella prigione di Marcos Paz, nei sobborghi di Buenos Aires, per i crimini commessi durante i suoi anni di potere. Videla aveva avuto un malore ieri sera e non aveva voluto cenare, ha dichiarato alla stampa militare la moglie, Cecilia Pando.
Videla guidò il colpo di Stato che il 24 marzo del 1976 depose Isabel Peron, la vedova di Juan Domingo Peron e assunse il ruolo di presidente de facto del Paese sudamericano per 5 anni, fino a quando il potere passò a Roberto Viola, un altro militare che lo avrebbe mantenuto fino al 1983, l'anno del collasso del regime in seguito alla sconfitta nella guerra delle Falkland.
Nei suoi anni al potere migliaia di argentini considerati ostili al regime sono stati fatti "scomparire". Il computo totale delle vittime della giunta militare oscilla, a seconda delle stime, tra 12 e 30 mila. Spesso i figli neonati dei desaparecidos venivano presi in consegna dalle forze di sicurezza e consegnati a famiglie vicine al regime militare. Alcuni di loro hanno scoperto solo molti anni più tardi di essere cresciuti al fianco non dei propri genitori naturali, ma dei fiancheggiatori dei carnefici dei propri padri e delle proprie madri.
«Per vincere la guerra contro la sovversione dovevano morire sette-otto mila persone»: è quanto disse mesi fa in un'intervista l'ex dittatore argentino riferendosi ai 'desaparecidos'. I militari fecero scomparire i cadaveri degli oppositori uccisi per evitare «proteste», aggiunse l'ex generale Videla in un'intervista pubblicato in un libro del giornalista Ceferino Reato. «Non c'era altra soluzione, eravamo d'accordo sul fatto che quello era il prezzo da pagare per vincere la guerra contro la sovversione. Avevamo bisogno che non fosse evidente perché non volevamo che la società lo sapesse», disse Videla, aggiungendo che «era necessario eliminare un gruppo grande di persone che non potevano essere portate davanti alla giustizia e neppure essere fucilate».
Videla «ha trascorso la sua vita provocando grandi danni, che hanno marchiato il paese». Così il premio Nobel per la Pace e attivista dei diritti umani Adolfo Perez Esquivel ha commentato la notizia della morte dell'ex dittatore argentino. «La sua morte ha posto fine alla sua presenza fisica, ma non a ciò che ha fatto per il paese», ha aggiunto.
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