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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2013 alle ore 11:59.

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PECHINO - Si profila lo spettro del cool landing per l'economia cinese. L'industria frena, ma c'è ben poco da meravigliarsi se l'indice delle Pmi per la prima volta in sette mesi è negativo: la Cina del ticket Xi Jinping-Li Keqiang registra, suo malgrado, una caduta degli ordini (i nuovi ordini scendono a 49.5, il valore più basso da settembre 2012) che va a sommarsi a problemi preesistenti come il costo del lavoro che viaggia a due cifre, l'esercito di quei sette milioni di debuttanti sul mercato del lavoro senza troppe certezze di trovare un lavoro soddisfacente, allo yuan che si apprezza sempre più sul dollaro (ha raggiunto infatti quota 6.1904 mercoledì scorso, la più alta dal 2005).
Cresce il malessere cinese perché su tutto aleggia l'incubo inflazione.

Oggi, per capire l'ansia collettiva che monta in Cina bisogna guardare a cosa succederà nel summit dei capi dei 4 milioni di taxi di Pechino, una lobby fortissima che vuol far partire la corsa base da 13 invece che da 10 yuan. Se la metropolitana costa due yuan chi si sposta in città dovrà rivedere la spesa quotidiana e l'aumento del taxi per loro varrà più del crollo dell'indice delle Pmi. Ma se cadono anche i prezzi delle materie prime gli investitori si chiedono se la Cina merita o no di mantere il suo rating, insomma se le prospettive di crescita non debbano essere riaggiustate verso il basso.

Ubs ha declassato la crescita 2013 a 7,7 % dall'8%, Societe Generale sembra volerne seguirne le mosse. Bank of America-Merrill Lynch ha tagliato la crescita cinese agli inizi del mese del 7,6 dall'8 per cento. Una crescita economica del 7,5 garantita dai nuovi vertici sarebbe comunque la più bassa in 23 anni. Al lento recupero americano e alla crisi del debito europeo si sommano le momentanee pesantezze di Taiwan e Corea del Sud a maggio.

Nel primo quarto del 2013 il 67% delle grandi imprese ha disatteso le aspettative. Le aziende statali soffro nodi più. Ma anche grandi gruppi privati segnano il passo.
Non ci sono soldi, come nel 2008, per garantire dopo il controesodo di venti milioni di immigrati un pacchetto di stimolo da 40 trilioni di yuan. Ma tutto questo poco importa ai capi dei tassisti di Pechino.

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