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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2013 alle ore 19:05.

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L'attacco che a Kabul ha colpito il quartier generale della Afghan Public Protection Force e alcuni obiettivi secondari, tra i quali la residenza dove è stata ferita la funzionaria italiana dell' Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), si presta a valutazioni diverse. Le caratteristiche dell'assalto e le capacità combattive dimostrate dagli aggressori sembrano indicare la responsabilità dei talebani della Rete Haqqani, basati nel Waziristan pakistano e da tempo bersaglio privilegiato dei raid condotti oltre il confine afghano dai droni statunitensi.

L'attacco è stato effettuato da un commando agguerrito con almeno un terrorista suicida fattosi esplodere per aprire la strada al gruppo di fuoco che lo seguiva. Una tattica già più volte utilizzata dalle cellule della rete Haqqani che hanno colpito in questo modo più volte a Kabul, Gardez, Jalalabad, Khost e in altre località dell'est afghano. Il portavoce dei talebani Zabiullah Mujahid citato dall'agenzia afghana Pajhwok, ha detto che è stato attaccato un edificio che ospitava stranieri, tra i quali agenti della Cia che addestravano gli uomini del Direttorato nazionale della sicurezza (Nds), cioè l'intelligence di Kabul.

Appena tre giorni or sono il portavoce del ministero della Difesa afghano, generale Zahir Azimi, aveva preannunciato un imminente aggravamento della sicurezza nell'Afghanistan orientale poiché fonti d'intelligence avevano riferito della chiusura di un buon numero di scuole coraniche nei territori pakistani di frontiera e gli "studenti" sono stati inviati in Afghanistan per compiere attentati suicidi. Azimi aveva affermato che "il risultato già si avverte nelle province orientali afghane" dove sono aumentate da alcuni giorni gli attentati. L'ultimo attacco talebano di rilievo nella capitale afghana risale al 16 maggio quando un kamikaze si è fatto esplodere nei pressi di un convoglio di truppe alleate provocando otto morti (sei americani e due bambini) e una quarantina di feriti.

Del resto il 28 aprile scorso, annunciando l'inizio della consueta "offensiva di primavera" i talebani precisarono che avrebbero intensificato proprio l'uso di kamikaze e di infiltrati tra le fila di esercito e polizia afghana. Responsabili della morte di almeno un terzo dei 66 caduti tra le truppe alleate registrati dall'inizio dell'anno (53 dei quali statunitensi). L'attacco al quartier generale dell'Appf potrebbe però avere anche una matrice diversa come evidenzia una fonte confidenziale in Afghanistan. Il corpo paramilitare afghano istituito dal governo per proteggere aziende private, sedi commerciali e scortare convogli ha rimpiazzato le numerose compagnie di sicurezza private messe fuori legge dal presidente Hamid Karzai.

Il business delle scorte e delle guardie private rappresenta un giro d'affari di alcuni miliardi di dollari all'anno gestito in molti casi da "signori della guerra" che avevano riciclato come "security contractors" le proprie milizie. Il governo non solo ha sottratto gli affari alle società di guardie private ma ha inviato gli agenti della Appf a revocare le licenze, le autorizzazioni a detenere armamenti e a sequestrare fucili e munizioni. Motivi più che sufficienti a generare rancori, vendette e rappresaglie anche perché centinaia di guardie private ben addestrate sono rimaste senza lavoro e sono facilmente arruolabili da malavitosi e talebani.

Le condizioni della sicurezza in Afghanistan sono in ogni caso in rapido peggioramento con il progressivo ritiro delle truppe alleate. Un ripiegamento più veloce di quanto non sembri perché è vero che le forze della Nato cesseranno il loro mandato solo tra 18 mesi ma già ora sono ben poco presenti in prima linea ed entro l'estate non avranno più un ruolo diretto nei combattimenti. Le truppe di Isaf hanno abbandonato o ceduto agli afghani l'80 per cento delle basi e avamposti con il risultato che molti settori strappati ai talebani al costo di molte vite umane e di milioni di dollari sono oggi tornate in mano agli insorti a causa dell'inadeguatezza delle forze di Kabul in termini di mezzi, risorse e addestramento.

Secondo le Nazioni Unite nei primi tre mesi dell'anno le vittime civili del conflitto sono aumentate del 30 per cento, rispetto allo stesso periodo del 2012: da gennaio a marzo sono stati uccisi 475 civili e altri 872 sono rimasti feriti mentre nel 2012 le vittime civili erano diminuite del 12 per cento rispetto all'anno precedente. Uno studio pubblicato il 20 aprile dal centro indipendente Afghanistan NGO Safety Office (Anso) ha rilevato nel primo trimestre di quest'anno un incremento del 47 per cento degli attacchi rispetto allo stesso periodo del 2012 . Incursioni e attentati che in tre casi su quattro hanno preso di mira le forze di sicurezza afghane che hanno la responsabilità della sicurezza sull'87 per cento del territorio nazionale e sono sempre più vulnerabili a causa del progressivo disimpegno degli alleati della Nato.

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