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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2013 alle ore 18:43.

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Vincenzo Nibali (Ansa)Vincenzo Nibali (Ansa)

Le Tre Cime di Lavaredo ci sono, ma bravo chi le vede. In mezzo alle nuvole, e con la neve che picchia in faccia, spunta la sagoma di Vincenzo Nibali che alza il pugno e supera il traguardo nella tormenta.

I fari delle auto e delle moto tagliano la nebbia, e in questa nebbia fredda, si vede ancora Nibali che alza la mano e bacia la fede. Un omaggio alla moglie Rachele, ma anche a se stesso perché questo siciliano dal sangue freddo ha sicuramente avuto una fede incrollabile a lanciarsi in questa nuova impresa. Una follia per noi comuni mortali, ma non per Nibali che, anzi, vuole chiudere il Giro con l'impresa più bella, quella che resta nella memoria di tutti.

Gli altri sono dietro. Fantasmi che tossiscono, annaspano, stringono i denti per lasciarsi alle spalle questi ultimi metri che sono un'eternità. Mani ghiacciate, gola secca, occhi stravolti. Ecco Duarte, poi Uran e Betancour, colombiani abituati all'area rarefatta, ma non agli skilift e allo slalom gigante.

Gigante è Nibali che parla ai microfoni dei giornalisti mentre Cadel Evans e Michele Scarponi devono ancora tagliare il traguardo. Evans, che scivola a quasi sei minuti, in classifica viene superato da Uran, ora secondo. Scarponi , con un fardello di oltre 6 minuti e mezzo sulla schiena, scende dal podio e retrocede in quarta posizione. Anche lui è stravolto, scavato dal freddo e dalla stanchezza.

Ma tutta l'attenzione è per Nibali, che con il suo sorriso semplice, e la sua calma antica, riporta il Giro a quella strana normalità che è il ciclismo. Un ciclismo discusso, travolto il giorno prima dalla bufera del doping, ma che poi riesce a riscattarsi nel giro di 24 ore. «Sì, volevo dimostrare che il ciclismo è vivo», dice Nibali. «Che siamo sempre pronti a batterci, che la normalità è questa... Voglio ringraziare tutte le persone che, con questo freddo, ci hanno aspettato per così tante ore»...

E' l'unico che mantiene la calma, Nibali. Lo baciano, lo chiamano eroe, gli dicono che è entrato nella leggenda, che è il campione dei campioni, che ora deve subito andare al Tour...

Soliti spropositi ai quali Vincenzino si sottrae: «Preferisco fare le cose per gradi», dice con più lucidità di chi lo circonda. «Volevo lasciare un altro segno, e l'ho fatto. Ma conquistare la maglia rosa per me è stato un sacrificio inimmaginabile. E ora me la voglio godere , questa maglia, sperando che domenica a Brescia ci sia finalmente un po' di sole».

Voglia di sole. Ma sul Tour de France Nibali non si sbilancia. E fa bene. Nostro modesto consiglio, è quello di andare in vacanza. Dopo un Giro così dispendioso, fare un Tour sarebbe un suicidio. Almeno ad alto livello. Si rischia solo di deludere. Ma poi: perché parlarne oggi?

Insomma, siamo ai titoli di coda di questo strano,

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