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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2013 alle ore 06:38.

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La posta elettronica certificata (Pec) è diventata obbligatoria per professionisti, imprese e pubbliche amministrazioni negli ultimi anni. Proprio per incentivarne l'utilizzo sono state introdotte sanzioni per chi - con varie scadenze - non l'avesse adottata o comunicata. L'utilità dello strumento è evidente: una semplice mail sostituisce la raccomandata con ricevuta di ritorno e ne acquisisce lo stesso valore legale.
Nei rapporti con il Fisco e, in particolare, nel processo tributario, la Pec rappresentava una svolta importante. A distanza di qualche anno, la situazione è veramente singolare. Le Commissioni tributarie e l'agenzia delle Entrate inviano comunicazioni ufficiali ai difensori tramite Pec: fissazioni delle udienze, esito delle decisioni, esiti reclami e mediazioni. Mentre, a parti inverse, il flusso di comunicazioni non funziona.
Così, se il difensore deve notificare un ricorso o atti alle Entrate o al giudice non può usare la posta certificata. La Pec diventa, invece, il canale obbligatorio se la Commissione deve informare sulla data del l'udienza di discussione del ricorso o se l'Agenzia deve comunicare l'esito della mediazione. Al punto che se il professionista non sta attento nel consultare la casella rischia effetti negativi. E vale la pena ricordare anche quanto appare sul sito della Suprema corte: «La Corte di cassazione non ha reso operativa la Pec utilizzabile ai fini processuali; al momento è utilizzabile ai soli fini amministrativi».
L'impossibilità di impiegare l'e-mail certificata riguarda spesso anche il deposito di atti non propriamente processuali: alcuni uffici del l'Agenzia non accettano neanche l'invio di memorie o documenti nel corso del procedimento di adesione tramite Pec. La motivazione prevalente è che si dispone di un solo, o di pochi, indirizzi certificati per tutto l'ufficio.
L'alternativa allora è la mail tradizionale, che però non ha alcun valore legale, ma anche in questo caso non mancano gli uffici in cui i funzionari per disposizioni superiori non possono ricevere sulla propria posta elettronica i documenti.
Per evitare di recarsi di persona agli sportelli delle Entrate (magari perché la sede è molto distante dallo studio del professionista) non resta che la "vecchia" raccomandata con ricevuta di ritorno. Anche in questo caso, però, l'attenzione deve essere massima. Meglio non utilizzare la busta: qualche mese fa un contribuente ha inviato due comunicazioni nella stessa busta a un ufficio dell'Agenzia ritenendo inutile fare due raccomandate, ma si è visto contestare la definitività dell'accertamento perché l'istanza di adesione (una delle due comunicazioni) non sarebbe mai arrivata.
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