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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2013 alle ore 06:41.

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I Governi europei, o almeno un drappello di 14 Paesi dell'Unione Europea, remano contro Bruxelles impegnata ad affrontare le pratiche commerciali cinesi, giudicate sleali: capitanati dalla Germania, si sono espressi a livello consultivo - non vincolante - contro il piano con cui la Commissione vorrebbe imporre pesanti dazi sull'import di pannelli solari dalla Cina, e proprio nel momento in cui il commissario al Commercio, il belga Karel De Gucht, sta negoziando con Pechino. Che è sotto accusa per dumping: secondo la Commissione, le imprese cinesi vendono pannelli in Europa sotto costo. Dazi del 47% di media, previsti per un periodo transitorio di sei mesi a partire dal prossimo 6 giugno, dovrebbero ristabilire l'equilibrio. È la più grande disputa commerciale ingaggiata dalla Commissione, dal momento che l'export nella Ue di pannelli solari made in China ha un valore di 21 miliardi di euro.
Ma la battaglia trova l'Europa divisa. La Germania, ma anche la Gran Bretagna, i Paesi Bassi e altri, è preoccupata per le ripercussioni sui propri legami di affari con la Cina, e intende mediare per evitare una guerra. «Ci impegneremo nelle trattative e faremo in modo di non arrivare a dazi permanenti», ha assicurato domenica il cancelliere tedesco Angela Merkel a fianco del nuovo primo ministro cinese, Li Keqiang, in visita ufficiale a Berlino. L'ospite ha lasciato intendere che qualunque azione diretta contro l'industria cinese farebbe perdere posti di lavoro, in Cina come in Europa.
«Spero che attraverso sforzi appropriati e attraverso il dialogo si riesca a mettere fine a questo conflitto commerciale - ha detto Li -. E spero che la Ue non ricorra a misure protezionistiche per un motivo così marginale». Li Keqiang, al suo primo viaggio all'estero dopo aver assunto l'incarico il 15 marzo scorso, ha visitato la Germania come unica tappa nel l'Unione Europea, passando però per la Svizzera con cui la Cina sta ultimando un accordo di libero scambio. Poco prima di quella conferenza stampa con Angela Merkel, tedeschi e cinesi hanno stretto 17 accordi bilaterali, a livello di governi e grandi compagnie.
Se le pressioni cinesi stanno indebolendo la determinazione dei Governi europei, la Commissione intende proseguire per la propria strada, in vista della scadenza del 6 giugno, malgrado a Bruxelles anche l'Alleanza per l'energia solare sostenibile (Afase, il gruppo che rappresenta il business dei servizi legati al fotovoltaico) abbia fatto appello ad Angela Merkel per trovare una soluzione di compromesso, ed evitare dazi che andrebbero a colpire anche le componenti importate dalla Cina, come celle solari e silicone. «In questa fase - ha detto ieri sera il portavoce John Clancy al termine dell'incontro tra il commissario De Gucht e Zhong Shan, viceministro cinese per il Commercio - qualunque eventuale misura provvisoria è una risposta d'emergenza per riequilibrare il mercato, per le compagnie europee minacciate nella loro sopravvivenza dalle pratiche di dumping e da una competizione sleale da parte dell'industria cinese».
L'allarme per l'invasione di pannelli low cost è scattato proprio in Germania dove il primo produttore, Solarworld, ha presentato reclamo anti-dumping presso la Commissione Ue. Secondo la Eu ProSun, le tariffe saranno necessarie per impedire un monopolio cinese: ora, dopo la scadenza del 6 giugno, cinesi ed europei avranno sei mesi di tempo per negoziare ed evitare che i dazi diventino definitivi, come già è avvenuto negli Stati Uniti. Che per Pechino sono però un mercato meno importante di quello europeo: qui, nel giro di pochi anni, i produttori cinesi hanno catturato più del l'80% del mercato. Ma a dicembre, per rendere permanenti i dazi la Commissione avrà bisogno del consenso della maggioranza degli Stati.
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