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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2013 alle ore 11:17.

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PARIGI - Banche italiane nel mirino dell'Ocse. Secondo l'organizzazione parigina è infatti il cattivo funzionamento del sistema del credito, certo insieme al processo di risanamento dei conti pubblici, a pesare sull'economia del Paese e a prolungare la recessione. «Nonostante la ricapitalizzazione in corso e il miglioramento delle condizioni di finanziamento dello Stato, che ha contribuito a rafforzare i loro bilanci – scrive l'Ocse nel suo Outlook – le banche sono indebolite dall'aumento dei crediti a rischio e le perdite che persistono ostacolano il sostegno agli investimenti e ai consumi . Per le imprese l'accesso al credito rimane difficile e costoso».

Il risultato è che l'Ocse ha nuovamente rivisto al ribasso le sue previsioni sull'Italia: il 2013 dovrebbe registrare un calo del Pil pari all'1,8% (rispetto al -1% dell'Outlook del novembre scorso e al -1,5% del survey d'inizio maggio, meno di un mese fa), mentre la ripresa del 2014 dovrebbe fermarsi a un +0,4% (a fronte dello 0,6% stimato in novembre e allo 0,5% d'inizio maggio). Per quanto riguarda quest'anno, si tratta del quarto peggior andamento tra tutti i Paesi Ocse, dopo Grecia (-4,8%), Portogallo (-2,7%) e Slovenia (-2,3%). Persino la Spagna dovrebbe fare un po' meglio (-1,7%).
«Sulla revisione delle prospettive – insiste il vice-segretario e capo economista dell'Ocse Pier Carlo Padoan – la stretta creditizia incide più di quella fiscale. Perché le banche devono aggiustare i bilanci e di fatto impediscono che la politica monetaria molto espansiva della Bce si traduca un stimolo all'economia reale. È un freno che non sarà eliminato fino a quando le banche avranno problemi di qualità del credito e di ricapitalizzazione. Certo sarebbe tutto più facile se già esistesse l'unione bancaria a livello europeo».

Padoan fa rilevare che dal punto di vista del costo medio del credito alle imprese l'Italia è seconda solo alla Grecia. Ed è al terzo posto, dopo Grecia e Irlanda, per quanto attiene la quota di prestiti improduttivi (non performing) sul totale.
Il prolungarsi della recessione avrà ovviamente un impatto negativo sull'occupazione (che dovrebbe passare dall'11,9% di quest'anno al 12,5% nel 2014) e sul debito (131,7% del Pil quest'anno, 134,3% il prossimo). Mentre lo scenario è più confortante rispetto al ratio deficit/Pil: -3% nel 2013 e 2,3% nel 2014.

L'Ocse ha peraltro rivisto al ribasso le previsioni relative a tutte le grandi economie occidentali, con la sola eccezione del Giappone. E ha confermato il permanere di forti disequilibri tra le principali economie. Sul banco degli imputati continua a esserci l'eurozona, che evidenzierà quest'anno una recessione dello 0,6% (-0,1% la stima di novembre) e l'anno prossimo dovrebbe crescere di un modesto 1,1% (1,3%), con un tasso di disoccupazione – la vera emergenza da affrontare, in particolare quella giovanile – che aumenterà ancora l'anno prossimo (dal 12,1% al 12,3%) e rischia di consolidarsi al di sopra del 12 per cento.

L'organizzazione ribadisce quindi la necessità di un alleggerimento del rigore fiscale (tanto più che i processi di aggiustamento sono a buon punto e si dovrebbe entrare ben presto in una situazione di quasi normalità) con misure proattive a sostegno dell'occupazione, delle consuete riforme strutturali (a partire dalla flessibilità del mercato del lavoro), di una politica monetaria ancora più accomodante (immaginando nuove iniziative non convenzionali) e soprattutto dell'accelerazione dell'unione bancaria europea.

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