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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2013 alle ore 06:41.

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ROMA
La mezza débâcle alle elezioni amministrative lascia il segno nel Movimento 5 Stelle. Che nel suo day after, dopo la batosta delle comunali dove arriva al ballottaggio solo in tre Comuni, si spacca tra mea culpa e nuove invettive. La delusione si trasforma in rabbia soprattutto nelle parole di Beppe Grillo che dopo aver fatto parlare pochi fedelissimi – il diktat era di non commentare i risultati – è uscito allo scoperto con un post durissimo, intitolato «Vi capisco», pubblicato nel suo blog. Qui dopo un'autocritica («Il M5S ha commesso errori, chissà quanti») si scaglia contro gli elettori di Pdl e Pdl che si stanno «condannando a una via senza ritorno», votando i partiti che «li rassicurano ma in realtà hanno distrutto l'Italia».
Nel giorno delle analisi una volta tanto Grillo esonera dalla responsabilità «i pennivendoli» della stampa, come li chiama lui – quasi a lasciar trapelare un cambio di strategia sulla comunicazione – e punta dritto al bersaglio. E cioè a quegli italiani che sono interessati «giustamente – spiega sarcastico – allo status quo». Perché per il leader di M5S ci sono due Italie: la prima – quella dove, secondo Grillo, sventola la bandiera del «Teniamo famiglia» – «composta da chi vive di politica, 500mila persone, da chi ha la sicurezza di uno stipendio pubblico, 4 milioni di persone, dai pensionati, 19 milioni di persone». La seconda, di «lavoratori autonomi, cassaintegrati, precari, piccole e medie imprese e studenti». Per la prima che vive sulle spalle della seconda (ma che ora «sta morendo») conta solo il «voto prima per se stessi che per il Paese»,. Insomma per il leader maximo del movimento («l'unico a restituire 42 milioni allo Stato») la colpa è degli elettori.
Di sicuro c'è che l'esito delle urne regala una soddisfazione a Pierluigi Bersani che ieri è tornato a parlare dopo molti giorni di silenzio. L'ex segretario del Pd si leva infatti un bel sasso dalla scarpa: «Hanno perso un'occasione vera», dice riferendosi a M5S e all'occasione perduta di formare insieme un Esecutivo. E aggiunge: «Così Grillo impara a capire il rapporto tra governo e cambiamento».
Al momento in casa dei Cinque stelle non è in programma nessuna riunione interna per valutare il voto, anche se nella prossima assemblea comune dei parlamentari – forse già domani – , il tema verrà certamente trattato spontaneamente. Ma l'approfondimento vero sarà fatto con Beppe Grillo, che, dicono nel Movimento, potrebbe scendere nuovamente a Roma a breve.
Comunque già ieri oltre alle proteste del Web («i candidati non erano all'altezza») qualche dissidente ha cominciato a parlare a viso aperto: «Abbiamo deluso chi ci ha votato perché cambiassimo le cose», ha spiegato il senatore M5S, Adriano Zaccagnini. Anche per il deputato siciliano, Tommaso Currò, «è probabile che il nostro disimpegno da ogni responsabilità abbia avuto un suo esito», in particolare «la formazione di un governo di larghe intese». Posizione controcorrente invece per il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio che, oltre a proporre più comunicazione, tv compresa, identifica i colpevoli del risultato nei cittadini «un po' ingrati».
La linea dominante resta comunque quella di minimizzare. Se n'è fatto interprete il napoletano Roberto Fico, che ha letto in positivo anche i numeri del voto nella capitale: «Se pensiamo che fino ad un anno fa esultavamo perché riuscivamo a eleggere uno o due consiglieri, oggi esultiamo anche per il risultato di Roma che va oltre il 12 per cento».
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