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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2013 alle ore 06:44.
ROMA
Se i partiti delle larghe intese hanno fatto slittare la riforma del Porcellum, c'è una spada di Damocle che pende sul rinvio. È l'attesa pronuncia della Consulta che è stata investita della questione di legittimità costituzionale sull'attuale legge elettorale dalla Cassazione a seguito della richiesta dell'avvocato milanese Aldo Bozzi. I temi sollevati sono due: premio di maggioranza, su cui c'è stata già una pronuncia in merito agli effetti distorsivi tra voti presi e seggi assegnati; e liste bloccate che non consentono ai cittadini di scegliere i parlamentari. Bene, su questi due punti nevralgici del Porcellum la Corte dovrebbe pronunciarsi ma, come fa osservare Salvatore Vassallo – ex deputato Pd, esperto di sistemi elettorali e docente di scienza della politica a Bologna – «non si conoscono ancora i tempi né ci sono previsioni, sia pure vaghe, sul calendario». La ragione di questa incertezza sta in un punto tutto politico: «La possibilità che la Consulta possa intervenire sul Porcellum – dice Vassallo – funziona da strumento di pressione sui partiti. E, a un certo punto, scatterà una guerra di nervi se sarà chiaro che le forze politiche non cambieranno la legge».
In sostanza, la Corte potrebbe essere l'arma finale, l'extrema ratio per cambiare un sistema che al momento i principali partiti non sembrano aver voglia di cambiare nonostante le dichiarazioni di facciata. Qualche ipotesi sulla data ce l'ha in mente Francesco Clementi, professore di diritto pubblico comparato all'Università di Perugia: «Credo che se il Parlamento continuerà a fare melina, tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014 potrebbe arrivare un segnale dalla Consulta. Tra l'altro, non credo che al Colle la tattica del puro rinvio possa andare bene». Insomma, anche se non c'è – ora – una pressione immediata della Consulta, è come se i partiti sapessero che da un lato il Quirinale, dall'altro la Corte sono pronti a richiamarli agli impegni presi sul Porcellum. Soprattutto se tra un paio di mesi dovesse diventare chiaro che il lungo iter delle riforme istituzionali rischia di allungarsi oltremodo.
Ma dunque se davvero la pronuncia arriverà cosa potrebbe accadere al Porcellum? Le opzioni di cui si discute sono tre: che si pronunci su singole parti della legge dando degli atti di indirizzo al Parlamento sulle modifiche; che sentenzi l'incostituzionalità del Porcellum facendo rivivere il Mattarellum; che non si pronunci affatto ritenendo inammissibile la procedura.
La prima ipotesi la spiega Vassallo: «È probabile che la Consulta si pronunci sull'incostituzionalità di singole parti dell'attuale legge anche se non con efficacia disapplicativa. Darà, cioè, delle indicazioni al Parlamento affinché sia sul premio, sia sulle liste si intervenga per modificarli. Ritengo difficile che possa decidere l'incostituzionalità tout court delle liste bloccate visto che in altri Paesi, come in Spagna, esistono. Piuttosto potrebbe orientare le modifiche sulla loro dimensione». C'è un'altra opzione di illegittimità che inserisce Francesco Clementi: «Oltre che sul premio, credo possa intervenire anche sulla multiopzione elettorale, cioè la possibilità che un leader politico si presenti in vari collegi e poi decida per quale optare influendo – così – sulla dinamica degli eletti. Anche se non è un quesito esplicitamente sollevato, la Consulta ha la facoltà di avocare a sè l'intera materia e decidere su tutta l'attuale legge. È chiaro che se riterrà incostituzionale questa parte azzopperà la legge e i partiti correranno ai ripari».
C'è poi l'ipotesi più estrema: «Che si pronunci per l'incostituzionalità della legge aprendo la porta alla riviviscenza della precedente legge: il Mattarellum. È un'operazione politicamente molto impegnativa – ammette Vassallo – ma abbiamo visto che la Corte – negli anni – ha avuto talvolta atteggiamenti molto innovativi dal punto di vista costituzionale dando spazio ai referendum, ma talvolta più restrittivi, come nell'ultimo referendum. Dipende dalla fase politica». Infine c'è un'ultima ipotesi, la terza. «Che non si pronunci affatto dichiarando inammissibile la questione dal punto di vista della procedura visto che – spiega Vassallo – la Cassazione ha sottoposto i quesiti nella stessa versione ricevuta da Bozzi. Come si sa la Consulta non può rispondere al ricorso diretto di un cittadino».
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