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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2013 alle ore 20:26.

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(Corbis)(Corbis)

Non si tratta più di "forti sospetti", come aveva dichiarato a inizio maggio il magistrato svizzero Carla del Ponte, membro della Commissione Onu che indaga sulle violazione dei diritti umani in Siria. E nemmeno di indizi di prova, come avevano lasciato trapelare alcuni Paesi occidentali. Adesso è ufficiale: nel conflitto siriano sono state utilizzate, più volte, armi chimiche. Il loro ricorso è stato provato da analisi di laboratorio effettuate in Francia su diversi campioni.

A dare l'annuncio è stato il ministro francese degli Esteri Laurent Fabius: il governo francese "ha la certezza che il gas sarin è stato utilizzato più volte in Siria, in modo localizzato". La linea rossa, vale a dire la minaccia prospettata da alcuni Paesi occidentali di esser pronti a intervenire contro il regime di Damasco nel caso in cui usasse le armi chimiche – è stata dunque superata. Non è dato sapere tuttavia, quando, dove e soprattutto chi dei due belligeranti ha utilizzato le armi proibite.

Prevale il sospetto che sia stato il regime guidato dal presidente Bashar al Assad. D'altronde Damasco disporrebbe di uno degli arsenali di armi chimiche più grandi al mondo al mondo, ha i tecnici in grado di usarle, e i vettori per lanciarle. Ma non è escluso che possano essere stati anche fazioni dei ribelli.

La dichiarazione shock rilasciata dal magistrato Carla del Ponte andava in questa direzione: "Stando alle testimonianze che abbiamo raccolto sono state utilizzate armi chimiche, in particolare gas nervino. Dalla nostra indagine emergerebbe che sono state usate dagli oppositori, dai ribelli», aveva dichiarato la sera del 5 maggio.

Il sarin è un gas nervino classificato come arma chimica di distruzione di massa. Il ministro Fabius ha poi riferito di aver comunicato le prove a di utilizzo di armi chimiche in Siria alle Nazioni Unite. Già ieri pomeriggio un rapporto della commissione indipendente sul conflitto siriano presentato al Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu parlava di «elementi ragionevoli» per ritenere che in Siria siano state usate armi chimiche «da entrambe le parti».

Il team di esperti dell'Onu sta ancora aspettando il via libera da Damasco per entrare in Siria, in modo di cercare di verificare l'uso di armi chimiche. Come si specifica nel documento presentato ieri, che descrive inoltre "crimini di guerra e contro l'umanità diventati una realtà quotidiana", la maggior parte delle notizie ricevute dagli investigatori delle Nazioni Unite sull'uso di sostanze chimiche riguardano «le forze governative».

In particolare, vengono citati quattro attacchi: quello sul quartiere di Khan al-Asal, nella battaglia di Aleppo, e quello su Uteibah, vicino Damasco, entrambi il 19 marzo, quello sul distretto di Sheikh Maqsood, sempre ad Aleppo, il 13 aprile, e quello sulla città nord-occidentale di Saraqab il 29 aprile.

Ma se davvero i gas tossici fossero stati utilizzati anche da gruppi armati dell'opposizione siriana si aprirebbero interrogativi inquietanti: in che modo i ribelli sarebbero entrati in possesso delle armi chimiche? E quante ne possiederebbero? Dispongono di testate capaci di colpire Israele? E quale fazione armata, nel caotico coacervo di milizie, sarebbe riuscita ad appropriarsene? I gruppi salafiti locali, la potente organizzazione siriana di Jabat al-Nusra, affiliata ad al-Qaeda, oppure cellule qaediste straniere? Sono tutti, comunque, acerrimi nemici di Gerusalemme.

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