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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2013 alle ore 10:05.

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«E' ora di fare i conti». Umberto Bossi torna alla carica per le leadership della Lega. E ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa sul suo avversario diretto, Roberto Maroni. In una conversazione pubblicata dal quotidiano Repubblica, il Senatùr stronca senza attenuanti il governatore della Lombardia, che avrebbe "tradito" gli ideali della sua creatura. E ribadisce le gerarchie: «Il capo resto io». Un nuovo soggetto poltico in caldo? L'ipotesi era emersa ad aprile , con tanto di visita di Bossi in uno studio notarile per la registrazione del partito. Poi la smentita («Solo un'associazione culturale»), e lo stallo conflittuale con i vertici di Pontida.

Ad oggi, Bossi conferma: nessun divorzio. Ma annuncia un giornale pronto per le stampe, la «La lingua padana». E una rigenerazione integrale del movimento, che sa tanto di "nuova Lega": «Nell'Europa in crisi torna attuale l'indipendenza dei popoli attraverso il referendum come in Scozia e in Catalogna, superando la fase del federalismo. Lo faremo anche in Padania».

«Quando uno tradisce una volta, tradisce sempre - rincara la dose il Senatùr -. E lui (Maroni, ndr) nel 1994 quando ruppi con Berlusconi sedeva al suo fianco. Oggi si illude di diventare il plenipotenziario di Berlusconi al Nord. Ma il Pdl non rinuncerà mai a presentare sue liste in casa nostra, come fa la Cdu in Baviera a vantaggio della Cdu. Sta distruggendo la Lega, butta fuori la gente. Io sarei stato dell'idea di non fare alcuna battaglia. Ma a furia di buttar fuori gente e tradire i nostri ideali la pressione su di me si è fatta irresistibile. Devo per forza mettermi alla guida del partito».

Maroni non è un bersaglio isolato, nell'invettiva di Bossi. Ce n'è per tutti, da Tosi che «porta i fascisti» nel partito alla moglie di Calderoli, Gianna Gancia: «Brava amministratrice ma dubito abbia le doti per guidare il movimento». Sull'inchieste sull'uso personale anche a suo vantaggio dei fondi della Lega, Bossi respinge ogni addebito: «a Belsito i magistrati fanno dire quello che vogliono. Lui non era un mio nome e aveva lavorato con Biondi, del Pdl. Sono tutte balle quelle sugli 800mila euro all'anno a lui versati dal Carroccio. I ladri sono altrove".

Le scuse e le lacrime di Bergamo, nella "sera delle ramazze" voluta da Maroni? «Un'umiliazione e un'ingiustizia troppo grande, non la ripeterei mai». E la scuola della Bosina «è nata su ordine della Lega» e non di Manuela Marrone e della famiglia Bossi. «Io sono stata solo -dice - una maestra volontaria. Sarei io la guardiana del cerchio magico? Mi guardi, faccio fatica a farmi dar retta anche in casa. Ad inventare, adesso, sono capaci tutti...».

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