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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2013 alle ore 08:20.

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Associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di segreto sono i capi di imputazione per i quali è stato rinviato a giudizio, dal gup Amelia Primavera, l'ex parlamentare Marco Milanese, tra i più stretti collaboratori di Giulio Tremonti al ministero dell'Economia. Il dibattimento è stato fissato il prossimo 6 novembre davanti alla VI sezione del Tribunale di Napoli. Si tratta dell'inchiesta scaturita dalle dichiarazioni dell 'imprenditore Paolo Viscione, che ai pm partenopei ha raccontato di aver consegnato soldi e regali all'allora deputato in cambio della promessa di proteggerlo da un'indagine a suo carico. Gli investigatori, è scritto nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico del politico (rigettata dal Parlamento e poi revocata dal gip nel febbraio scorso per la cessazione delle esigenze cautelari) avrebbero accertato l'acquisto «di più orologi di pregio pagati da Viscione e consegnati a Milanese» e di altri benefit, tra cui «un viaggio e soggiorno a New York per Capodanno 2009/2010 per Milanese ed Emanuela Bravi» e auto di lusso, tra cui una Bentley e una Ferrari Scaglietti. Più in generale, secondo gli inquirenti, «numerose fonti di prova depongono per l'effettiva, accertata corresponsione di diversi donativi a beneficio di Milanese ad opera di Viscione, che vi ha provveduto con risorse finanziarie illecitamente sottratte alle società del gruppo... donativi e dazioni che non trovano alcuna ragionevole giustificazione». Regali che l'ex deputato avrebbe ottenuto «assicurando di fatto a Paolo Viscione più informazioni coperte da segreto sulle attività investigative disposte dall'autorità giudiziaria nonché ponendo in essere iniziative verso gli organi e gli appartenenti della guardia di finanza delegati all'investigazione volte a far concretamente rallentare od omettere atti d'indagine» sulle società di Viscione. Milanese, difeso dagli avvocati Franco Coppi e Bruno Larosa, ha sempre sostenuto di essere vittima di una calunnia ai suoi danni e di non aver "venduto" alcun segreto giudiziario.
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