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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2013 alle ore 17:56.

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Il gip di Roma sequestra discariche di Ciancimino in RomaniaIl gip di Roma sequestra le discariche di Ciancimino in RomaniaRifiuti, il gip di Roma sequestra discariche di Ciancimino in RomaniaRifiuti, il gip di Roma sequestra discariche di Ciancimino in RomaniaRifiuti, il gip di Roma sequestra discariche di Ciancimino in RomaniaRifiuti, il gip di Roma sequestra discariche di Ciancimino in Romania

ROMA. L'obiettivo era quello di ripulire la società per poi rivenderla. Un obiettivo perseguito con metodo e pervicacia negli ultimi tempi e che è, tra tante altre cose, alla base della richiesta della procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone che ha chiesto e ottenuto il sequestro della Ecorec, la società cui fanno capo le discariche rumene di Gline e Tulcea, il cui vero dominus è, secondo l'accusa, Massimo Ciancimino.

Nell'inchiesta condotta dalla procura capitolina risultano indagate oltre a Ciancimino junior altre cinque persone, tra cui l'imprenditore Romano Tronci, per il reato di concorso in riciclaggio; Sergio e Giuseppe Pileri, Raffaele Valente e il cittadino romeno Victor Dombrowski. Non è citata Santa Sidoti, la compagna di Romano Tronci che è morta anche se nel provvedimento si richiama il suo ruolo attivo nelle operazioni per l'occultamento del denaro e il progetto di cessione delle discariche rumene.
Discariche rumene che, da ciò che risulta dalle intercettazioni fatte su disposizione di diverse procure antimafia del nostro paese e in particolare quella romana, sarebbero alla base di un aut-aut che il figlio di don Vito avrebbe fatto alla procura di Palermo: la conferma delle accuse nel processo per la cosiddetta Trattativa Stato-mafia in cambio del recupero del patrimonio.

Massimo sostiene con i suoi interlocutori (Romano Tronci e la compagna Santa Sidoti) di aver cominciato a collaborare con i magistrati perché sotto pressione a causa dei sequestri: «Se mi lasciavano con la barca in mezzo al mare tutto 'sto processo non veniva fuori» ed è lui stesso «a mettere in relazione il tesoro in Romania e la sua eventuale tutela con le dichiarazioni rese in altri procedimenti. A suo dire, lo stesso processo sulla trattativa Stato-mafia – almeno per la parte che lo vede direttamente coinvolto – sarebbe nato dalla necessità di tutelare i propri interessi».

Troppi misteri circondano Massimo Ciancimino e tra questi, come ha avuto modo di scrivere il gip palermitano Piergiorgio Morosini nel provvedimento in cui respingeva una prima richiesta di archiviazione avanzata dalla procura per l'indagine di riciclaggio a carico del figlio di don Vito, «nelle conversazioni intercettate – scrive Morosini – i vari interlocutori fanno riferimento a vicende istituzionali non solo italiane che dovrebbero essere coperte da stretto riserbo, dimostrando di conoscere anche nei dettagli ad esempio le dinamiche interne alla magistratura siciliana e l'andamento di inchieste che dovrebbero essere coperte da secreto, nonché gli equilibri e i rapporti in ambienti politici e apparati di sicurezza addetti, tra l'altro, al controllo di legalità di importanti operazioni economico-finanziarie».

Per Massimo Ciancimino, agli arresti con l'accusa di riciclaggio, è un altro colpo pesantissimo: i legali di Pileri e Dombrowski hanno sempre sostenuto che il sequestro disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo guidata da Silvana Saguto non esistesse ma ora sarà tutto più difficile e sarà anche molto complicato rassicurare i possibili acquirenti che prima si erano fatti avanti e poi si erano bloccati per le incertezze che gravano sulla Ecorec.

Il gip romano Massimo Battistini, che ha accolto la richiesta della procura e ha nominato amministratore giudiziario dei beni posti sotto sequestro l'avvocato Angelo Tuzza, ha messo un punto fermo sulla vicenda con il suo provvedimento di 150 pagine in cui riassume e inquadra il valore reale delle società. E a ben vedere i conti fatti dai magistrati romani si capisce il motivo di tanto odio nei confronti di chiunque abbia osato occuparsi o mettersi di traverso. Secondo i magistrati, che lo scrivono nella richiesta, infatti le due discariche prima dell'adeguamento del valore ai minimi dei prezzi europei valevano insieme 700 milioni ma a partire dal gennaio di quest'anno si è arrivati a un valore di 2,4 miliardi di euro l'anno (1,2 miliardi la discarica di Tulcea, 600 milioni quella di Gline e 600 milioni da forniture di energia e teleriscaldamento).

È evidente la sproporzione rispetto al valore societario della Ecorec che viene calcolato in 100 milioni. Il giro d'affari possibile potrebbe spiegare anche il senso di una frase contenuta in una lettera, scritta probabilmente nel 2007 sul computer di Santa Sidoti sequestrato, e indirizzata a Ribolla e Ferro, due amministratori giudiziari che a quel tempo si occupavano del patrimonio sequestrato ai Ciancimino e ai loro prestanome: «L'argomento è sempre la strage Falcone-Borsellino legata alla più grossa azienda ecologica in Romania».

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