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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2013 alle ore 17:09.

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Fini e Giovanardi (Fotogramma)Fini e Giovanardi (Fotogramma)

È giusto o no, sotto il profilo della legittimità costituzionale, punire allo stesso modo lo spaccio e la detenzione sia delle droghe cosiddette "leggere" che quelle "pesanti"? è questa, in sintesi, la domanda che la terza sezione penale della Cassazione ha "girato" oggi ai giudici della Consulta chiamati ad esprimersi sulla correttezza dell'equiparazione delle sanzioni disposte dalla legge sulla droga Giovanardi-Fini che nel 2006 ha eliminato la differenziazione tra "droghe leggere" e "pesanti".

Accolto il ricorso basato sulla non proporzionalità della sanzione
Con l'ordinanza 25554, la Cassazione ha quindi deciso la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, accogliendo in parte il ricorso presentato da un 46enne originario di Palermo, condannato a 4 anni di reclusione e ad una multa di 20mila euro per essersi rifornito di quasi 4 kg di hashish. La difesa aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma sostenendo che l'eliminazione della distinzione droghe pesanti e droghe leggere e il «rilevantissimo aumento delle pene edittali» per le condotte che riguardano le droghe leggere «non sarebbe conforme nè al principio di proporzionalità rispetto al disvalore espresso dalla condotta incriminatrice, nè all'esempio di proporzionalità predisposto a livello comunitario».

Sotto accusa anche il ricorso ai maxiemendamenti
Nell'ordinanza, i giudici della Suprema Corte prendono di mira anche il processo legislativo caratterizzato - nel caso proprio dall'iter di approvazione delle legge sulla droga Giovanardi Fini - dal ricorso a strattagemmi come i maxiemendamenti, grazie al quale viene di fatto imposto al Parlamento un testo del tutto nuovo rispetto alla norma in discussione, «di fatto inemendabile», e che in questo modo elude «le regole ordinarie del procedimento legislativo».

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