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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2013 alle ore 11:33.

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Rudi Garcia (Ansa)Rudi Garcia (Ansa)

La Roma ha scelto. Sarà Rudi Garcia l'allenatore del rilancio giallorosso. Lunedì sera a New York si è celebrato il rendez-vous definitivo alla presenza del presidente James Pallotta e dello stato maggiore della società capitolina, con in testa il direttore sportivo Walter Sabatini. Non c'è ancora la firma, ma è come se ci fosse. Perché ormai tutto è stato deciso. Pallotta si è convinto della bontà dell'idea di Sabatini e ha stretto la mano al nuovo tecnico. Che nelle prossime ore volerà in Francia per definire i dettagli della rescissione contrattuale con il Lilla, il club che ha guidato per cinque stagioni con risultati da prima pagina. Poi, il viaggio verso Roma. Per la firma su un biennale da 1,5 milioni di euro all'anno e la presentazione ufficiale alla stampa, che salvo imprevisti dell'ultima ora dovrebbe prendere forma all'inizio della prossima settimana.

Doveva essere Massimiliano Allegri, ma anche Walter Mazzarri, Laurent Blanc e Marcelo Bielsa. C'è stato anche qualcuno che ha azzardato l'ipotesi Roberto Mancini, ma la suggestione è durata il tempo di uno sbadiglio. Per un mese abbondante, forse più, la Roma ha vestito i panni di Indiana Jones per scoprire il suo nuovo Eldorado. Che inizialmente non pareva poi così distante. Prima del rompete le righe di fine stagione, Pallotta aveva infatti lasciato intendere che il successore di Zeman e Andreazzoli sarebbe stato quasi certamente italiano. Probabilmente perché era convinto del sì di Allegri, che invece ha deciso di rinnovare la convivenza con il Cavaliere al Milan dopo un tira e molla durato settimane. Al dietrofront di Max il toscano, Sabatini e Franco Baldini si sono guardati intorno per capire come fare. Idee diverse per soluzioni diversissime. Tanto che Baldini ha deciso di mollare tutto e tornare in Inghilterra.

Rudi Garcia, il nuovo che avanza. Ha radici spagnole ma è nato a due passi dal castello di Nemours, in piena Île-de-France. Suona la chitarra, anche in pubblico, ma soltanto quando l'occasione è di quelle irripetibili. Fa coppia fissa da qualche tempo con Maud Donald, volto noto della tv francese che su per giù ha l'età delle sue tre figlie. È laureato in educazione fisica, come Rafa Benitez, con il quale condivide anche la passione per le lingue straniere (oltre al francese, Garcia parla un castigliano e un buon inglese) e per il bel calcio. E ha l'abitudine di creare un rapporto molto stretto con i suoi giocatori. Da padre a figli. Ha detto l'ex tecnico del Lilla: «Educo come alleno. Discuto, correggo, offro riferimenti. Non dirigo, accompagno». Insomma, un uomo che mette la parola al primo posto. Al contrario di quanto capitava con Zeman il boemo, che alle parole preferiva i fatti. E il sudore.

Tuttavia, Garcia non ha una concezione del calcio molto distante da Zdenek l'implacabile. Il nuovo allenatore della Roma gioca con un 4-3-3 che si ispira alle virtù di scuola Barcellona. Tanta velocità, tanto pressing, e una voglia grande così di fare la partita e di dominare l'avversario. Anche e soprattutto sulle corsie laterali. Al Lilla è andata benissimo. Nella stagione 2010-11, Garcia ha portato a casa campionato, Coppa di Francia e il premio come miglior tecnico della Ligue 1. E il Lilla non è mai stato un club di prima fascia del torneo transalpino, tutt'altro. L'ultimo titolo nazionale (il secondo della sua storia) risaliva agli anni Cinquanta. Roba da fare festa per mesi.
Dunque, bene, anzi, benissimo. Per il nuovo comandante della truppa giallorossa, tante qualità e un ruolino di marcia impeccabile. Ma sarà sufficiente per risollevare le sorti di una squadra che sembra aver smarrito l'entusiasmo e la convinzione nei propri mezzi? La tifoseria è divisa. Secondo molti, Totti e compagni avevano bisogno di certezze più che di speranze. Ora più che mai. Di un Allegri o di un Mancini più che di un Garcia. Pallotta e Sabatini hanno detto la loro. Al campo la sentenza.

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