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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2013 alle ore 08:28.

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ROMA
Un nuovo statuto in linea con i valori del Movimento 5 Stelle, ma che garantisca il rispetto della democrazia interna e tolleri il dissenso. Secondo indiscrezioni trapelate ieri, alcuni deputati 5 stelle, critici con il leader Beppe Grillo, starebbero progettando la formazione di un nuovo gruppo parlamentare, con proprie regole. La prova del nove sarà domani, quando ci sarà la riunione dei gruppi M5S di Camera e Senato, per decidere l'eventuale espulsione della senatrice Adele Gambaro, rea di aver imputato alle uscite di Grillo la sconfitta alle amministrative. Intanto, il M5S di Roma ha convocato martedì «tutti in piazza Montecitorio per manifestare il sostegno a Beppe Grillo e ai nostri parlamentari». Non è certo se il leader ci sarà.
Per formare un gruppo alla Camera servono 20 componenti (10 al Senato). A Montecitorio, i contrari alla cacciata della dissidente sarebbero una decina (su 107 deputati), a Palazzo Madama circa 20 (su 53 senatori). E non è detto che poi tutti i contrari alla linea dura siano disposti a staccarsi dal gruppo. Tuttavia, alcuni dissidenti ieri sono usciti allo scoperto. «La Gambaro ha detto cose discutibili, ma non si può eliminare il dibattito». Così la deputata Paola Pinna, in un'intervista alla Stampa. Che ha aggiunto: «Se si rendesse necessario» sarebbe pronta a entrare in un nuovo gruppo parlamentare. Il senatore Lorenzo Battista aveva detto che se dovessero espellere la Gambaro si autoespellerà anche lui. «Può aggiungere anche me alla lista», ha detto al Messaggero la senatrice Serenella Fucksia. «Però – ha aggiunto – non ci sono le condizioni per espellere nessuno». «Se ci sono i due terzi, la decisione ha valore, altrimenti no. Vorrà dire che usciremo prima del voto», è invece la posizione, al Corriere della Sera, della senatrice Alessandra Bencini.
La situazione è magmatica. Potrebbe esserci una tregua solo se domani non si arrivasse a un voto sul caso Gambaro. Ipotesi poco probabile: lo stesso Grillo ha invitato la dissidente ad andarsene. Inoltre Paolo Becchi, professore molto ascoltato dai militanti del M5S, ieri ha detto: «Se in qualsiasi modo i gruppi parlamentari impedissero o bloccassero questo rinvio al Movimento, si esporrebbero ad un fatto gravissimo». La votazione appare inevitabile (va ratificata poi dai militanti via web). Con la conseguente espulsione di Gambaro, i dissidenti si troveranno di fronte a un bivio: lasciare o no il gruppo? Da qui l'iniziativa di alcuni deputati di elaborare uno statuto per una eventuale nuova formazione parlamentare. Ma non è da escludere che a «togliere la zavorra» dei dissidenti siano i fedelissimi di Grillo, tra cui ci sono i quadri del M5S: i capigruppo uscenti e quelli neoeletti, Roberta Lombardi, Vito Crimi, Riccardo Nuti, Nicola Morra; il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, il deputato e presidente della Vigilanza Rai Roberto Fico. In questo modo ci si libererebbe dei critici «che danneggiano l'immagine del movimento». Già in campagna elettorale per le politiche, Grillo aveva detto di considerare fisiologico il tradimento per il 10% dei suoi parlamentari. Lo smottamento dei grillini è visto con interesse da chi nel Pd è contrario al governo delle larghe intese (Nuti ha denunciato una «compravendita»), e pensa a un "governo del cambiamento" con l'appoggio dei transfughi 5 stelle e di Sel (il leader Nichi Vendola ha parlato di Grillo come «rivoluzionario convertito al regime»). Alla Camera lo schema avrebbe i numeri. A Palazzo Madama, per superare la maggioranza assoluta di 158 seggi, i dissidenti grillini dovrebbero costituire un gruppo di oltre 35 senatori.
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