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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2013 alle ore 21:22.

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Erdem Gunduz (Reuters)Erdem Gunduz (Reuters)

È un gesto di dissobbedienza civile assoluta quella dell'"Uomo in Piedi", un artista turco che nella notte tra lunedì e martedì ha dato l'esempio di una rivolta silenziosa contro la violenza della polizia a Piazza Taksim, a Istanbul. Un gesto solitario, possente, drammatico e commovente nella sua fragilità e dignità, subito ripreso dalla tv Halk che per cinque ore lo ha mandato in diretta aprendo un dibattito con le migliaia di telespettatori estasiati da tanto coraggio nella notte sul Bosforo che non voleva diventare anche la notte della ragione che genera mostri.

Dopo la giovane donna in abito rosso - Ceyda Sungur, docente all'Università tecnica di Istanbul - colpita da una nuvola di gas lacrimogeno sparato a distanza ravvicinata da un agente antisommossa, e divenuta un'icona di #Gezipark ora arriva l'"Uomo in Piedi" che sfida il potere in un silenzio assordante.

Un uomo che si erge possente contro la feroce violenza di manganelli, lacrimogeni e acidi mescolati ad acqua, dopo le proteste di piazza di decine di migliaia di giovani. Dopo questo gesto è scattata la disobbedienza civile solitaria ma di massa dell'"Uomo in Piedi" in tutta la Turchia e da parte dei turchi in giro per il mondo. Clamorosa quella della foto di un turco "in Piedi" sulla muraglia cinese e diffusa dai social netowork.

Come le manifestazioni che hanno contagiato tutto il paese, la nuova forma di protesta, forse ancora più pericolosa per il potere, è partita da un atto spontaneo, artistico nella sua geniale realizzazione. Quello di un giovane coreografo di Istanbul, Erdem Gunduz, che ieri sera alle 21, l'ora in cui in tutto il paese inizia il concerto di pentole e clacson contro il premier Recep Tayyip Erdogan, si è fermato in mezzo a Taksim, la piazza simbolo della rivolta, presidiata dai blindati della polizia e da decine di agenti. Ha appoggiato per terra lo zainetto. Poi, tranquillo, ha iniziato a fissare l'enorme stendardo rosso con il ritratto del fondatore della Turchia laica moderna, Mustafa Kemal Ataturk, appeso in mezzo alla piazza. Non si è mosso per quasi sei ore. Piano piano altre persone si sono avvicinate. Una, dieci, 100. Anche loro, accanto all'"Uomo in Piedi" si sono messe sull'attenti, sguardo fisso su Ataturk, simbolo della Turchia laica. La gente gli ha portato fiori, acqua, cibo, deposti con dignità e solidarietà davanti ai suoi piedi. Altri lo hanno fotografato e subito inviato ad altri conoscenti.

Il passa parola delle reti sociali si è messo in azione, frenetico. L'hastag "durandam" (uomoinpiedi, standingman in inglese), è diventato un trending topic mondiale su twitter. Gli agenti alla fine si sono accorti che qualcosa non funzionava. Ma non sapendo che cosa fare, sono rimasti a guardare. Fino a mezzanotte. Tutti sono stati arrestati e portati in questura. Non si sa con quale accusa. Sono stati rilasciati poco dopo.

Ma il fenomeno dell'Uomo in Piedi già era un'idea da imitare. Ancora nella notte gente si è fermata immobile guardando una bandiera turca, un ritratto di Ataturk, un simbolo della protesta in altre città del paese. Ad Ankara una donna è rimasta ferma per ore a Kizilay sul marciapiede dove è crollato a terra colpito alla testa dalla pallottola di un agente Ethem Sarisulu, uno dei tre ragazzi uccisi durante le proteste.

Per tutto il giorno la gente si è fermata sfidando il premier a Istanbul, Ankara, Smirne, Antalya, Antiochia. Centinaia di persone si sono immobilizzate, silenziose, su piazza Taksim come colpite da un contagio democratico. Intanto gli agenti dell'antiterrorismo arrestavano a Ankara, Istanbul e Smirne circa 200 persone, accusate di avere partecipato alle manifestazioni dei giorni scorsi. Erdogan più volte ha definito i manifestanti «vandali» e «terroristi». A Sivas alcuni ragazzi si sono bloccati davanti all'Hotel Madimak, dove nel 1993 una folla inferocita di islamici radicali aveva bruciato vivi 35 intellettuali alawiti. Tre Uomini in Piedi si sono fermati davanti alla redazione di Agos dove nel 2007 è stato ucciso il giornalista armeno Hrant Dink, 4 avvocatesse si sono immobilizzate nel tribunale di Caglayan a Istanbul, e 4 deputati curdi lo hanno fatto in parlamento a Ankara. Decine di Uomini in Piedi sono tornati su Taksim.

"Esprimo un dolore", ha spiegato Gunduz. Su twitter sono stati lanciati appelli perchè la protesta diventi nazionale e ogni sera il paese si riempia di Uomini e Donne in Piedi. La protesta gandhiana inventata da Gunduz rischia di mettere in difficoltà il premier Erdogan. Il mondo già ha reagito duramente alle immagini di centinaia di agenti in tenuta antisommossa lanciati con l'appoggio di blindati e cannoni ad acqua, fra raffiche di lacrimogeni, proiettili di gomma, contro le manifestazioni pacifiche di migliaia di ragazzi. È ancora meno proponibile che lo faccia contro gente assolutamente immobile, silenziosa e disarmata che contempla il padre della patria Ataturk. Un fiume in piena non si può arginare. Il governo turco farebbe bene ad evitare prove di forza e ad aprire un vero dialogo con l'opposizione prima che sia troppo tardi.

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