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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2013 alle ore 12:17.

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Il Nobel del cibo va a un ricercatore del big degli Ogm Monsanto

Il World Food Prize, il Nobel del cibo istituito nel 1986 dall'agronomo e ambientalista statunitense Norman Borlaug (a sua volta vincitore del Nobel per la pace nel 1970 per il suo impegno conto la fame nel mondo) è andato a un ricercatore della Monsanto. Il biotecnologo Robert Fraley lavora nel colosso americano dei semi Ogm da oltre trent'anni e a lui si deve lo sviluppo del primo seme di soia geneticamente modificato nel 1996.

Fraley dovrà condividere i 250mila dollari con due colleghi biotecnologi, Mary-Dell Chilton, che opera presso la società biotech Syngenta, e Marc Van Montagu, presidente dell'Institute of Plant Biotechnology Outreach all'università di Ghent.

Per Monsanto l'assegnazione del premio - con la motivazione di aver contribuito a migliorare e accrescere la disponibilità di cibo nel mondo - è un riconoscimento importante che smorza le critiche cui è oggetto in tutto il mondo da parte di ambientalisti e istituzioni, contrarie allo sviluppo delle coltivazioni Ogm.

Soprattutto in Europa. Solo poche settimane fa la Commissione Ue ha lanciato un appello agli Stati membri perché avviassero test sui rifornimenti di grano dagli Stati Uniti dopo che in Oregon sono state scoperte coltivazioni geneticamente modificate non autorizzate. E gli Ogm saranno uno dei temi caldi nel corso dei negoziati commerciali tra Europa e Usa.

La scorsa settimana anche in Italia è di nuovo scoppiato il caso della semina di cereali Ogm da parte di un agricoltore friulano che aveva portato la questione alla Corte di giustizia europea, secondo la quale l'Italia non può introdurre un divieto generalizzato delle colture Ogm prima dei pronunciamenti da parte delle singole Regioni. Lo Stato italiano attualmente vieta la semina di Ogm e il divieto era stato confermato anche da una sentenza della Cassazione.

Il dibattito a livello mondiale (tra gli oppositori degli Ogm anche il Giappone) è acceso e destinato a protrarsi a lungo. I contrari ritengono che sia necessario attendere ancora l'esito di test a lungo termine per escludere effetti indesiderati sulla salute, chi è favorevole ad un uso massiccio dei semi modificati porta a proprio sostegno i numeri: nel 2050 la popolazione mondiale supererà i 9 miliardi di persone, coltivazioni in grado di reggere super produttività e siccità saranno essenziali per poter debellare la fame.
Questa l'opinione di MS Swaminathan, lo scienziato indiano che vinse per la prima volta il premio nel 1987 e quest'anno ha presieduto la commissione che doveva assegnare il riconoscimento. "Il World Food Prize - ha detto - viene assegnato ad alcuni dei pionieri della Nuova Genetica, che hanno aperto la strada per raggiungere un bilancio ottimale tra i numeri dell'umanità e l'umana capacità di produrre cibo adeguato".

Norman Borlaug, l'ideatore del premio scomparso nel 2009, è stato definito il "padre" della rivoluzione verde. Ha lavorato a lungo in Messico, dove attraverso le modificazioni geniche è riuscito a creare colture resistenti, riuscendo a far raggiungere pochi anni dopo il suo arrivo l'autosufficienza alimentare al Paese.
Il premio viene assegnato nello spirito delle sue ricerche. Anche se alcuni detrattori segnalano che tra i finanziatori dello stesso premio compaiono alcuni big dell'agroindustria mondiale, tra i quali proprio Monsanto e Syngenta.

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