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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2013 alle ore 06:44.

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ROMA
E due. Al senatore Marino Mastrangeli si unisce nella sorte un mese e mezzo dopo la collega Adele Gambaro. Espulsa dal M5S per volontà suprema della rete. Il responso della consultazione apparso sul blog di Beppe Grillo a metà pomeriggio mette fine all'ultima saga scoppiata nelle file dei Cinque Stelle. Stessa formula notarile, stessa platea di giudici, stessi ringraziamenti di rito. Poche essenzialissime righe. «Gli aventi diritto erano 48.292, di questi hanno votato in 19.790. Il 65,8% (pari a 13.029 voti) ha votato per l'espulsione, il restante 34,2% (pari a 6.761 voti) ha votato per il no». E se i contrari sono di più - all'epoca di Mastrangeli furono l'11,2% - l'esito obbedisce comunque a una logica ferrea: non si fanno prigionieri, è fuori (contro la propria volontà) chi non segue l'ortodossia.
Nel caso di Gambaro vengono così sanzionate le sue dichiarazioni «lesive» del MoVimento senza alcun coordinamento con i gruppi parlamentari. Colpevole, sempre lei, di «valutazioni del tutto personali e non corrispondenti al vero», questo nonostante una folta schiera di eletti sia accorsa sin dal primo momento in sostegno della dissidente.
Il tentativo dei pontieri per una tregua che riuscisse a evitare la conta sul nome della senatrice è fallito lunedì notte, quando a maggioranza la questione è stata rimessa dall'assemblea dei gruppi parlamentari congiunti agli iscritti del M5S. Non è un mistero che Grillo abbia ispirato la linea dura nei confronti dei cosiddetti frondisti per difendere l'unità intorno alla propria linea. Ora però conviene prudenza perché la corda potrebbe davvero spezzarsi (il portavoce al Senato Nicola Morra getta un ponte: «sono umanamente dispiaciuto ma ricordo a me stesso che vanno coniugate libertà e responsabilità»). Ed è la ragione per la quale l'ex comico ha chiamato personalmente al telefono due altri "sospetti", i deputati Tommaso Currò e Paola Pinna, finita sotto accusa per le stesse ragioni di Gambaro.
Molti segnali autorizzano a credere che l'allontanamento della dissidente non riesca a placare il vento di protesta. Anzi, la frustrazione dei rappresentanti del M5S (specie a Palazzo Madama) raccolta nei colloqui informali intravede nel nuovo atto di espulsione l'anticamera di più eclatanti sviluppi. D'altronde parte dei malpancisti non mostra ormai alcuna reticenza a criticare, come ad esempio il senatore Roberto Cotti («un danno d'immagine enorme»). O ancora la senatrice Serenella Fucksia, secondo cui sarebbe addirittura interessante conoscere il nominativo di chi ha votato. La cacciata via internet «è una cosa sbagliata», dice diretta, «a oggi, i meccanismi che ci sono dietro mi sono oscuri».
Il resto della giornata consegna un ulteriore dato di cronaca: la scoperta dell'ostruzionismo da parte del M5S, di traverso sul voto al decreto emergenze.
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