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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2013 alle ore 09:25.

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Dov'è Snowden? Così la spia amata da russi e cinesi ha fatto perdere le proprie tracce

NEW YORK – Edward Snowden resta latitante a Mosca, dove ha fatto perdere le proprie tracce. Dimitri Simes, uno dei grandi esperti di relazioni Russia-Stati Uniti, ha osservato che le richieste di estradizione da parte americana di un "criminale" accusato di spionaggio non saranno necessariamente accolte: «In Russia lo spionaggio in America non è un crimine», ha detto caustico.

La destinazione finale di Snowden, l'ex agente della Cia che ha svelato al mondo come l'America di Obama raccolga milioni di scambi telefonici in violazione della privacy e dei diritti civili, potrebbe ancora essere l'Ecuador, ma il suo passaggio a Mosca era un'occasione che Vladimir Putin non poteva lasciarsi scappare: Mosca, sotto accusa dell'America per violazioni dei diritti civili, diventa davanti al popolo di Internet il protettore di un "rivoluzionario" che rivela come l'America violi lei stessa alcuni diritti fonadamentali.

Comunque sia, un uomo solo, Edward Snowden, sparito ieri a Mosca, tiene sotto scacco le tre grandi potenze nucleari, i servizi segreti più agguerriti al mondo e i media internazionali. Lo sviluppo più recente del "Snowdenleaks" è proprio una crisi politica fra Stati Uniti e Cina, e ora anche con la Russia. Questo thriller che poggia su una vicenda di spionaggio, un reality show, che ci ha portato senza soluzione di continuita' digitale dalle Hawaii a Hong Kong poi a Mosca e ora chissà dove, rimette improvvisamente l' "essere umano" al centro dell'equazione.

La prova, in fondo contraria alle tesi di Snowden, che nell'era di Internet, quando il mondo digitale ci tiene sotto controllo, quando Big Brothers sembra travolgere i nostri diritti di privacy e civili, quando da un satellite si riesce a spiare nel cortile di una casa sperdute in una foresta, un individuo ricercato dal governo americano, seguito a vista da spie cinesi, controllato da agenti in borghese a Mosca, puèò sparire nel nulla lasciando dietro di se una scia di polemiche, mistero, crisi diplomatiche, litigi, astio. A partire dalla dura dichiarazione di ieri del portavoce della Casa Bianca Jay Carney contro il Governo cinese: «La Cina non ha onorato i patti...non c'è dubbio che vi sarà un impatto negativo sulle relazioni Usa Cina per la decisione delle autorità cinesi di far partire Edward Snowden da Hong Kong...potevano fermarlo non l'hanno fatto».

La fermata a Hong Kong di questo Thriller/Reality Show potrebbe occupare numerose puntate da sola: dal compleanno di Snowden, che ha festeggiato i suoi trent'anni con pizza e Pepsi Cola in un appartamento segreto, alla sua richiesta ai suoi avvocati/intermediari cinesi di mettere i cellulari in frigo per evitare intercettazioni, all'intrigo politico fra le autorita' locali che sono, in teoria, autonome rispetto a quelle della Cina Popolare, ma che in pratica subiscono l'influenza di Pechino. Con un solo denominatore comune: liberiamoci di questa grana, che parta.

Per questo l'attacco di Carney è duro: coinvolge direttamente il governo cinese nell'autorizzare la partenza per Mosca di Snowden invece del suo arresto. Di più, rivela che : «Hong Kong era stata informata per tempo che il passaporto di Snowden era stato revocato, che era un criminale ricercato». Fino a ieri si pensava che fossero state le autorita' americane a non aver revocato il passaporto di Snowden. Caitlin Hayden del Consiglio per la Sicurezza Nazionale ha invece attaccato la Russia: «Se il Cremlino lascerà partire Snowden dopo che noi abbiamo restituito alla Russia numerosi criminali, ci sara' una grave crisi di sfiducia, abbiamo sempre collaborato apertamente con un governo che ora potrebbe non collaborare con l'America».

Da Mosca il Cremlino fa spallucce e dice di non saperne niente. Posizione alla quale non crede nessuno: possibile che Vladimir Putin ex agente del KGB non avesse imposto il controllo totale di questo "traditore" del governo americano? Impossibile. Rispondono gli esperti in coro. Comunque sia, Snowden arriva a Mosca domenica, si ferma all'aeroporto per una ventina di ore in transito in attesa di partire per Cuba con un volo dell'Aeroflot. Da lì sarebbe dovuto partire per l'Ecuador che dovrebbe concedergli rifugio politico.

A chiudere il quadro della tensione politica, da Washington è partito un altro avvertimento durissimo: «Se uno stato nel continente americano proteggerà Snowden ne pagherà le conseguenze nei suoi rapporti con gli Stati Uniti d'America». Intanto si dice che Snowden sia stato sequestrato dai servizi russi per essere interrogato, volevano vedere tutto quello che c'era nel suo prezioso computer denso di intrighi, strategie, tecniche e soprattutto informazioni. Altri dicono che sia fuggito, altri ancora che sia stato ucciso. Il reality show continua, si complica e coinvolge direttamente la stampa, il canale principale per la disseminazione di questo psicodramma politico/spionistico/sociale.

David Gregory, stella di "Meet the Press" della rete Nbc ha chiesto domenica a Glenn Greenwald, il giornalista che ha fatto lo scoop su Snowden per il Guardian, se non fosse anche lui "un criminale". Greenwald, un attivista politico, ma nel caso in oggetto un giornalista nel senso piu' tradizionale del termine, ha risposto con altrettanta durezza: «è straordinario che chiunque si consideri giornalista possa suggerire che un collega sia un criminale» ha risposto. Vi risparmio le centinaia (migliaia?) di reazioni contro Gregory. Nel momento in cui la stessa stampa è nel mirino delle autorità federali americane per la ricerca delle fonti (vedi caso spionaggio su linee telefoniche Ap ma anche su Fox News) anche quest'aspetto del dibattito sulle nostre libertà è infuocato.

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