Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2013 alle ore 16:35.

My24
Diplomatici afghani in fuga in vista del ritiro della Nato

Il corpo diplomatico afghano sbanda e cerca in ogni modo di non rientrare a Kabul temendo il caos che potrebbe dilagare nel Paese in seguito al ritiro delle truppe della Nato. Secondo fonti citate dal giornale tedesco Spiegel il fenomeno è ormai molto esteso e rappresenta un importante indicatore di come viene percepito già oggi il futuro dell'Afghanistan, a un anno e mezzo dalla conclusione della missione Isaf, da una parte rilevante della sua classe dirigente.

Sabato scorso 105 diplomatici impiegati a rotazione nelle ambasciate di tutto il mondo avrebbero dovuto presentarsi al ministero degli Esteri di Kabul ma di questi solo cinque si sono presentati mentre tutti gli altri, inclusi numerosi dipendenti dell'ambasciata a Berlino, sono rimasti nel Paese dove svolgevano servizio.

Fonti del ministero degli Esteri afghano hanno riferito che coloro che hanno «disertato» il richiamo a Kabul intendono chiedere asilo con le famiglie e altri vorrebbero solo una proroga dell'incarico all'estero almeno fino alle elezioni presidenziali previste per la primavera del 2014. «Sperano che ci sia più chiarezza circa il futuro del nostro Paese - ha detto un dipendente del ministero - ma l'esodo è già in atto. Nessuno vuole tornare in Afghanistan». Secondo recenti sondaggi, la maggior parte degli afghani ritengono che il Paese affonderà nel caos e nella violenza e si aspettano che la guerra civile scoppierà una volta le forze occidentali si ritirano alla fine del 2014.

A preoccupare non è solo la recrudescenza degli attacchi talebani, già in atto da tempo, ma anche la ripresa della guerra tra le diverse milizie etniche e quelle che fanno capo ai "signori della guerra". Recentemente lo stesso comandante delle forze alleate, il generale Joseph Dunford, ha espresso dubbi circa le possibilità delle forze militari afghane di mantenere da sole la sicurezza nel Paese ma la fuga dei diplomatici evidenzia meglio di tante analisi la preoccupazione che al ritiro degli alleati facciano seguito vendette e rappresaglie su coloro che hanno collaborato con gli occidentali e con il governo. Timori che riguardano anche i tanti interpreti e collaboratori dipendenti dei contingenti militari e tanti semplici cittadini afghani.

Molti diplomatici afghani sono i figli di politici di alto rango che stanno cercando di andare all'estero e rimanervi fino a quando la situazione in Afghanistan non sarà più chiara. Un sintomo di questa tendenza, racconta lo Spiegel, è il calo improvviso dei viaggi d'istruzione all'estero organizzati per i funzionari dell'amministrazione pubblica afghana, dopo che molti partecipanti agli ultimi soggiorni di studio hanno fatto perdere le loro tracce al momento di rientrare a Kabul. Sono rimasti in Germania molti insegnanti inviati a Berlino per frequentare un corso mentre un diplomatico ha telefonato a casa durante un soggiorno in Canada per dire che non sarebbe tornato.

«Posso confermare questa tendenza» ha detto Tinko Weibezahl, il capo dell'ufficio di Kabul del Konrad Adenauer Foundation. «Negli ultimi mesi alcuni dei nostri contatti più qualificati hanno lasciato l'Afghanistan. I rifugiati sono soprattutto persone con un elevato livello di istruzione che un anno or sono erano molto più ottimisti circa il futuro». Anche ministri, parlamentari e generali stanno cercando di portare all'estero le famiglie a dimostrazione della scarsa fondatezza delle dichiarazioni ottimistiche circa la tenuta dell'Afghanistan democratico dopo la partenza degli alleati.

Segnali di sfaldamento dell'apparato amministrativo e governativo si percepiscono anche nel settore occidentale dove opera il contingente italiano. Proprio oggi il governatore della provincia afghana di Herat ha rassegnato le dimissioni denunciando l'impossibilità di continuare a lavorare e pressioni di ogni sorta. Lo riferisce l'agenzia di stampa afghana Pajhwok. Daud Shah Saba, dall'agosto del 2010 alla guida del governatorato di Herat, ha annunciato le dimissioni durante un incontro a Herat con alcuni funzionari governativi, leader tribali, rappresentanti della società civile e giornalisti. «Mi dispiace per gli abitanti di Herat, ma alcuni elementi non mi consentono di lavorare», ha detto.

Il governatore ha parlato di «interventi di circoli potenti» e del «blocco dell'attuazione di progetti di sviluppo» nel nome di interessi personali. Saba, 49 anni, ha ricordato i vari progetti realizzati da quando ha assunto l'incarico, denunciando - senza mai fare nomi - la presenza di elementi che ora gli impediscono di continuare a lavorare per lo sviluppo della provincia. «Avevo chiesto al presidente di fare luce sulle interferenze irresponsabili da parte di alcuni circoli nelle questioni della provincia di Herat, ma tutto è stato vano. Pertanto ho deciso di dimettermi», ha aggiunto, affermando di aver presentato le dimissioni al presidente afghano Hamid Karzai.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi