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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2013 alle ore 08:38.

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Il Consiglio europeo ha dato il via libera ai negoziati di adesione della Serbia all'Unione europea, che dovranno partire entro la fine di gennaio. La decisione - che segna un passaggio importante nella trasformazione della ex-Jugoslavia dopo le guerre degli anni Novanta - è una sorta di ricompensa all'accordo concluso in aprile dalla Serbia con il Kosovo, l'ex-provincia separatasi da Belgrado dopo il conflitto del 1998-99 e poi autoproclamatasi repubblica indipendente nel 2008 (con il riconoscimento di un centinaio di Paesi, tra cui gli Stati Uniti e 22 dei 27 Stati membri della Ue).
Al termine del summit, i leader dei Ventisette hanno anche approvato il mandato per negoziare un accordo di Stabilizzazione e associazione con il Kosovo stesso: un'intesa che riguarda commercio, relazioni economiche e politiche ed è una sorta di preludio a un successivo ingresso nella Ue.
«Stiamo vivendo un momento storico per i Balcani e per l'Europa intera», ha commentato il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ricordando «il coraggioso accordo» firmato ad aprile da Serbia e Kosovo. Il commissario europeo all'Allargamento, Stefan Fuele, ha riferito che i negoziati con Belgrado potrebbero partire «già a ottobre» e il premier serbo, Ivica Dacic, ha espresso la speranza che Belgrado possa entrare nell'Unione nel giro di quattro-cinque anni; l'opinione comune a Bruxelles, però, è che sia difficile arrivare a un'ammissione prima del 2020. A incoraggiare la Serbia è stato anche il premier croato, Zoran Milanovic, che da nuovo membro Ue - da lunedì prossimo il 28° - ha promesso di «fare di tutto per assistere i Paesi vicini che non sono ancora nella Ue» e a questo riguardo ha auspicato che il processo di adesione «abbia una durata ragonevole ma non troppo lunga». Anders Fogh Rasmussen, segretario della Nato, tuttora presente in Kosovo con una forza di peacekeeping, ha assicurato che l'Alleanza continuerà a svolgere il suo ruolo.
Negli ultimi anni la Serbia ha compiuto progressi notevoli nel percorso di avvicinamento all'Europa, attuando riforme democratiche e impegnandosi nella cattura di latitanti ricercati per crimini di guerra nella ex Jugoslavia. E poi c'è stata la graduale distensione con il Kosovo, sul cui territorio Belgrado aveva perso il controllo nel '99 dopo 11 settimane di raid Nato per fermare lo sterminio e l'espulsione di civili di etnia albanese, culminata nell'accordo in cui le due parti si impegnano a mettere fine alla divisione virtuale del Kosovo tra la maggioranza albanese e i circa 50mila serbi concentrati nel Nord.
I negoziati di adesione alla Ue dovrebbero dare impulso alle riforme in Serbia e attrarre gli investitori con la prospettiva di un periodo di pace. «C'è molto lavoro da fare - ha dichiarato a questo proposito il ministro della Difesa serbo, Aleksandar Vucic - molte energie da investire, ma non ci sarà più sangue, non si tornerà ai tormenti e agli sconvolgimenti dello scorso ventennio».
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